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Itinerari culturali > Itinerari giotteschi> Itinerari giotteschi: Tolentino e San Severino Marche

San Severino Marche e Tolentino sono due cittadine dell’entroterra maceratese che distano appena 12 chilometri l’una dall’altra. San Severino è la patria natale di Lorenzo e Jacopo Salimbeni, protagonisti della pittura neo- gotica italiana.  A Tolentino si trova invece  il luogo simbolo del giottismo nelle Marche: il cappellone di S. Nicola da Tolentino, affrescato da Pietro da Rimini e dalla sua bottega. Per chi volesse integrare l’itinerario giottesco, da Tolentino  in  un’ ora di macchina si possono raggiungere Montegiorgio e Fermo.

 

San Severino Marche - Pinacoteca civica "Tacchi - Venturi" (1) vai alla scheda della pinacoteca

Si può vedere anche, in località Castello al Monte, nella parte alta della città, il Duomo antico (2) dell’XI secolo. Poco lontano il Museo archeologico “G. Moretti” (3) (per info tel. 0733/633919) conserva esemplari provenienti dagli scavi dell'antica città di Septempeda.

Altre chiese da visitare sono: San Lorenzo in Doliolo (4), nella cui cripta sono conservati gli affreschi dei Salimbeni, pittori sanseverinati presenti anche nella chiesa di San Domenico (5).

Link utili: http://www.comune.sanseverinomarche.mc.it 

Tolentino - Basilica di San Nicola (6) 

Orario d’apertura: Tutti i giorni dalle 7.00 alle 12.00 e  dalle 15.00 alle 19.30 

Info: tel. 0733976311 (convento)

La basilica duecentesca fu ricostruita nel Trecento e completata nel 1435 con l'erezione del portale di Nanni di Bartolo detto il Rosso. 

Nell'ala più antica del convento agostiniano, tra il coro della chiesa e la sacrestia seicentesca, in origine sala del capitolo, si trova il grande ambiente, denominato sin dal Settecento Cappellone di San Nicola, in memoria del santo, nato a Sant'Angelo in Pontano nel 1245 e morto a Tolentino nel 1305, qui sepolto per un breve periodo.

La decorazione pittorica, che ricopre interamente le pareti e la volta a crociera, fu portata a termine nel terzo decennio del Trecento, da maestranze riminesi capeggiate dal pittore Pietro da Rimini. 

Il ciclo, tra i più vasti e meglio conservati tra quelli giunti sino a noi raffigura, nei quattro spicchi della volta, gli Evangelisti che, a rimarcare la funzione dei Vangeli come fonte di ispirazione di tutta la Chiesa, dettano il proprio racconto evangelico ai Dottori della Chiesa, al di sopra dei quali sono i simboli degli evangelisti. I Dottori e gli Evangelisti sono seduti davanti scrittoi posti su pedane lignee piene di libri, collocati anche su mobili, scrigni e leggii. Le membrature della volta sono definite da fasce con motivi decorativi e polilobi contenenti figure di Santi a mezzo busto e facce lunari.

Nella vela corrispondente alla parete nord est, quella con l’altare, e proseguendo in senso orario, sono raffigurati Sant'Ambrogio e San Marco; Sant'Agostino e San Giovanni; San Gregorio e San Luca; San Girolamo e San Matteo. Agli angoli inferiori sono disposte le personificazioni delle Virtù, indicate ciascuna mediante una scritta: Carità, Prudenza, Speranza, Giustizia, affiancata dall'Ingiustizia, Temperanza, Fede e Fortezza. La decorazione delle pareti è suddivisa su tre registri che con grande naturalismo narrano, nei due in alto, gli Episodi della vita della Vergine e di Cristo, dall'Annunciazione alla Morte di Maria fino al suo ricongiungimento con il Figlio e, in basso, le Storie della Vita di San Nicola, interrotte, in corrispondenza dell'altare, dalla Crocifissione.

Il racconto prende avvio con la scena dell'Annunciazione, dipinta nella lunetta della parete sud est, opposta all'ingresso dalla chiesa. Proseguendo in senso orario, sulla parete sud ovest, si vedono da sinistra, la Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta, il Bagno di Gesù bambino appena nato, l'Adorazione dei magi e, in alto l'Annuncio ai pastori.

Sulla parete seguente, quella nord ovest, entro un'articolata costruzione, si svolge la Presentazione al tempio con il sacerdote Simeone che riceve il Bambino dalla Vergine, alla presenza di san Giuseppe che offre due colombe e della sacerdotessa Anna, con un cartiglio in mano. Sull’ultima parete è rappresentato il Transito della Vergine, articolato intorno al grande feretro sul quale giace la Madonna, circondata dagli apostoli. La narrazione continua nella fascia mediana della parete nord ovest, dove, a destra, è raffigurata la drammatica Strage degli innocenti e prosegue sulla parete dell'altare con Cristo tra i dottori, il Ritorno a Nazareth e le Nozze di Cana. Sulla parete successiva, quella a sud est, prendono l'avvio le Storie della Passione di Cristo con l'Ingresso a Gerusalemme e, a destra, l'Orazione nell'orto, comprendente l'ammonimento di Cristo agli apostoli di vegliare con lui e l'apparizione dell'angelo che presenta il calice a Cristo sudante sangue, mentre gli apostoli dormono. La parete di fianco, assai guasta, contiene alcuni episodi post mortem: la Discesa di Cristo al Limbo, le Marie al sepolcro e l'Ascensione. Il racconto si conclude con la Pentecoste dipinta sulla stessa parete della Strage degli innocenti.

Il registro inferiore, separato da quello mediano da una fascia ornata con busti di angeli entro cornici mistilinee e dischi raggiati con mascheroni, presenta le Storie di San Nicola da Tolentino e, sulla parete dell’altare, fra le due finestre, il Cristo crocifisso con la Vergine, san Giovanni Evangelista, Maria Maddalena, san Nicola e santa Caterina d’Alessandria. Le scene con la vita di san Nicola da Tolentino iniziano a destra della Crocifissione con l’Annuncio della nascita di San Nicola ai genitori, Amata e Compagnone, in pellegrinaggio alla tomba di san Nicola di Bari; di fianco Educazione di Nicola bambino a scuola dove è interrogato dal maestro.

Nella parete successiva Nicola bambino ascolta la predica di Reginaldo da Monterubbiano e viene ammesso nel convento degli agostiniani; a fianco San Nicola in atto di pregare davanti a un altare con un angelo che gli pone sul capo una corona, San Nicola supera la tentazione di abbandonare l’Ordine e San Nicola prega per frate Pellegrino e le anime dal Purgatorio. Sulla parete sud ovest è affrescato il Transito di San Nicola, la cui anima è raccolta da Cristo, attorniato dalla Vergine, da sant'Agostino e da bellissimi angeli musicanti; a destra la narrazione continua con i miracoli compiuti da Nicola dopo la sua morte, a partire dalla Resurrezione di Filippa Barraca da Fermo, restituita all'affetto dei parenti; sulla parete d'accesso alla chiesa, San Nicola ridona la vista ad Anfelisia Adambi da Tolentino, San Nicola libera Lorenzo Bottoni, sequestrato dai banditi, San Nicola placa la tempesta e San Nicola salva un innocente impiccato ingiustamente. Il ciclo si conclude sulla parete dell'altare dove il santo, grazie alla potenza concessagli da Cristo proteso dalle braccia della Madre, ottiene la guarigione di indemoniati, ciechi, storpi e altri sofferenti che lo pregano dentro il suo santuario.

Il linguaggio figurativo che informa il programma tolentinate, caratterizzato da una notevole omogeneità stilistica e compositiva, e da una superba vivacità cromatica, è fortemente debitore della lezione di Pietro da Rimini che si avvalse, come di consueto all’epoca, di numerosi collaboratori, i cui differenti stili non sfuggono ad un occhio attento.

Il ciclo di Tolentino si configura estremamente affine alla decorazione pittorica della Chiesa di Sant’Agostino a Rimini, ascrivibile ad un pittore anonimo attivo intorno al secondo decennio del Trecento, e di cui condivide sia l’impaginazione parietale, concepita secondo il cosiddetto formato “a fregio”, sia le soluzioni formali e compositive. Le figure, infatti, sono caratterizzate dalla medesima volumetria espansa ed agiscono all’interno di architetture prive di un vero valore strutturale, sebbene a Tolentino si registrino più ardite sperimentazioni prospettiche, come ad esempio nella scena della Presentazione al Tempio o in quella della Nozze di Cana in cui lo spazio è reso per piani paralleli.

È possibile individuare alcune parti dove non solo l’ideazione ma anche l’esecuzione sia siglata da Pietro da Rimini, primo ricettore degli echi del soggiorno riminese di Giotto. 

Dal punto di vista qualitativo, è indiscutibile che le Storie cristologiche, la volta con gli Evangelisti e i Padri della Chiesa e le lunette raffiguranti la Dormitio Virginis e la Natività siano stilisticamente diverse dalle altre raffigurazioni. Il nitido naturalismo, la straordinaria matericità della pellicola pittorica e l’intensità espressiva dei personaggi rimandano, oltre che al ciclo di Pomposa, alla Croce di Urbania che, unica testimonianza firmata dal maestro riminese, costituisce il vero riferimento di ogni proposta attributiva.

L’identificazione delle autografie sulle pareti del Cappellone non si articola per settori chiaramente individuabili, considerando che le diverse mani si affiancano all’interno di uno stesso scomparto; tuttavia accanto ai brani attribuiti con certezza a Pietro, se ne individuano altri che si caratterizzano per un discorso pittorico meno patetico e più allentato, quali ad esempio l’Annunciazione, gli apostoli dell’Ingresso a Gerusalemme, il gruppo delle Marie al Sepolcro nella Resurrezione, l’Apparizione di San Nicola da Bari e la Morte del Santo. Sin dalla proposta di Federico Zeri si tende a riconoscere in queste pitture la mano di Giuliano da Rimini. Tale ipotesi si fonda sul fatto che - secondo una fonte cinquecentesca - in quegli stessi anni Giuliano e Pietro collaborarono alla realizzazione del polittico destinato all’altar maggiore della chiesa degli Eremitani di Padova, polittico andato perduto che recava la firma di entrambi e la data al 1324. Se la notizia del sodalizio padovano potrebbe, da una parte, far supporre che l’esperienza artistica dei due pittori raggiungesse a un certo momento esiti comuni anche a Tolentino, dall’altra, diventa pura congettura sostenere la partecipazione di Giuliano al cantiere tolentinate in assenza di ulteriori notizie e, soprattutto in mancaza dell’opera padovana.

Aldilà dell’identità anagrafica di questo primo collaboratore di Pietro, è evidente che il ruolo da lui svolto è più cospicuo rispetto agli altri colleghi che generalmente riducono in forme stereotipe i modi del caput magister

Non mancano neppure artisti reclutati in loco ai quali sono affidati brani pittorici di minore importanza come le figurette di devoti inginocchiati entro i sacri episodi. Per la secchezza del tratto e la perdita del plasticismo volumetrico questa lettera pittorica è stata assimilata ai modi del Maestro di San Ginesio.

Il ricorso a collaboratori dal livello qualitativo così discontinuo è piuttosto atipico nella prassi operativa di Pietro; ciò potrebbe essere stato determinato dai tempi esecutivi piuttosto ristretti a causa dell’imminente canonizzazione di Nicola, per la quale il processo si celebrò nel 1325. Per questo motivo la data di esecuzione del ciclo oscilla, per lo più, tra il 1324 e il 1325. Un altro versante storiografico sostiene che il fallimento della beatificazione, avvenuta solo un secolo dopo nel 1446, renderebbe liberi da ogni vincolo temporale, al punto da poter avanzare una cronologia alta come quella del 1320, argomentata sulla base di analisi testuali relative ai miracoli post mortem registrati nel processo di canonizzazione del santo, come quello compiuto nel 1317, quando alcuni pescatori tolentinati, usciti in mare con la propria barca, furono colpiti da una terribile tempesta che distrusse la loro imbarcazione, poi salvata da Nicola.

link utili: Per ulteriori informazioni sulla Basilica e sulla figura di San Nicola: www.sannicoladatolentino.it 

Per la città di Tolentino consultare il sito  www.comune.tolentino.mc.it



Legenda

Sede museale
Luogo di interesse
Pinacoteca Comunale "P. Tacchi-Venturi" - SAN SEVERINO MARCHE
 
torre del duomo vecchio - SAN SEVERINO MARCHE
 
Museo Archeologico "G. Moretti" - SAN SEVERINO MARCHE
 
san Lorenzo in Doliolo - SAN SEVERINO MARCHE
 
chiesa di san Domenico - SAN SEVERINO MARCHE
 
Basilica di san Nicola - TOLENTINO


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