Numerosi fondi archivistici marchigiani sono stati trasferiti al di fuori della regione soprattutto nel corso degli ultimi due secoli, ossia a partire dall'età napoleonica che, nella storia degli archivi, costituisce un vero spartiacque tra l'antico regime e l'età moderna. Tra questi fondi figurano molti archivi pertinenti ad enti ecclesiastici soppressi. Di seguito si fornisce un quadro, necessariamente sommario e ben lontano dalla completezza, delle principali spoliazioni e della documentazione rintracciata sulla base di ricerche bibliografiche e archivistiche.
Pergamene marchigiane presso l'Archivio di Stato di Roma
Nella Collezione pergamenete e miscellanee) dell'Archivio di Stato di Roma si conservano n. 324 pergamene (per un totale di 437 documenti del periodo 1067-1780) provenienti quasi tutte da comuni marchigiani, ad eccezione di 4 pertinenti al monastero di S. Croce di Fonte Avellana e di 25 della famiglia Saporiti di Sassoferrato. I documenti relativi furono, eccettuati quelli di Fonte Avellana, regestati dal Loevinson per la Deputazione di storia patria per le Marche.
Carte dell'abbazia di S. Angelo di Gaifa (Fermignano, Pesaro e Urbino)
L'esistenza di un monastero di S. Angelo di Gaifa è attestata almeno dal secolo X. Sorgeva in località Gaifa lungo il tratto stradale che collega Fossombrone a Urbino, nella valle del Metauro, forse nei pressi dell'attuale pieve di S. Stefano di Gaifa; ne rimangono materialmente delle vestigia inglobate in case rurali al di là del Metauro nella villa Abbadia dei Monaci di Pagino (comune di Fermignano), dove sembra che l'abbazia sia stata trasferita nel 1277. Nel 1480 essa passò agli Olivetani. Del suo archivio, i cui documenti dovevano attestare, a partire dal 1110, i titoli di proprietà di numerosi beni dell'ente sparsi soprattutto sul territorio urbinate (ma anche nei vicini territori forsempronese, pesarese, fanese, cagliese e castellano), rimane ben poco. Si segnalano qui le carte oggi conservate nella Sezione di Archivio di Stato di Gubbio (36 registri e 9 mazzi) del periodo 1428-1787, finite in questa città probabilmente tramite il locale monastero olivetano di S. Pietro.
Carte dell'abbazia di S. Maria di Chiaravalle di Fiastra (Tolentino, Macerata)
L'abbazia cistercense fu fondata su un precedente insediamento benedettino a seguito della donazione di terre, poste fra il Fiastra e il Chienti, da parte del marchese Guarnerio II nel 1142. Dopo il periodo di massima fioritura nel 1422 fu saccheggiata dalle truppe di Braccio da Montone; quindi nel 1456 fu affidata agli abati commendatari e nel 1581 alla Compagnia di Gesù. I Cistercensi, che nel 1624 l'avevano definitivamente abbandonata, da alcuni anni vi sono ritornati. Le sue carte, pur rappresentando per quantità il più ricco fondo documentario medievale delle Marche, risultano fino ad oggi scarsamente valorizzate. Ciò può dipendere dal fatto che le pergamene fiastrensi, che assommano a 3194 e abbracciano sei secoli (XI-XVI), finirono nei secoli scorsi fuori delle Marche. Rinvenute casualmente nel 1877 in un ripostiglio della Biblioteca Vittorio Emanuele di Roma, furono assegnate all'Archivio di Stato della capitale, dove tuttora si trovano. Le più antiche (1006-1200) erano state pubblicate nel 1908 dagli archivisti del suddetto istituto, con prefazione di E. Ovidi; ma già al momento della sua uscita questa edizione rivelava tutte le sue carenze, limitando a soli 48 documenti (1006-1150) l'edizione integrale, non disponendo di indici e, più in generale, in quanto il metodo critico per la lettura e trascrizione dei testi si dimostrava niente affatto sicuro. Solo recentemente si è iniziata una nuova pubblicazione delle carte, promossa dall'Università di Macerata ed edita dal CISAM (Centro italiano di studi sull'alto medioevo) di Spoleto.
Carte dell'abbazia di S. Paterniano di Fano (Pesaro e Urbino)
La tradizione fanese attribuisce la fondazione di un primitivo eremo allo stesso patrono cittadino, s. Paterniano, monaco e vescovo della città morto verso il 355 d.C., ma è probabile che l'abbazia, sita sulla Flaminia a mezzo miglio dalla città e nella quale erano comunque custodite le reliquie del santo, sia stata fondata nell'VIII secolo; documenti certi sulla sua esistenza cominciano ad apparire dal secolo XI. La vecchia abbazia fu abbattuta nel secolo XVI; sul sito rimane oggi, a memoria del luogo di sepoltura di s. Paterniano, un piccolo oratorio esagonale. Del fondo diplomatico rimangono nella Sezione di Archivio di Stato di Fano alcune pergamene, di cui le prime due (secolo XII) pubblicate quasi integralmente dallo Zonghi, che compilò il regesto delle successive. Pergamene relative all’abbazia sono state di recente riscoperte anche tra quelle della classe IV, Miscellanea (1248-1489). Infine varie copie cartacee di documenti in Corporazioni religiose,Abbazia di S. Paterniano, Atti di rinnovazione di enfiteusi. Era stata segnalata la presenza della parte più cospicua di tale fondo a Roma, presso i Canonici Regolari Lateranensi di S. Pietro in Vincoli. Tuttavia sia i contatti avuti con i religiosi sia la visita all’Istituto romano ai fini del reperimento del materiale archivistico di provenienza fanese hanno dato esito negativo, in modo da escludere la presenza di pergamene di S. Paterniano fra le circa 3.000 conservate nel loro archivio e provenienti da oltre 70 canoniche d'Italia e ammettendo tutt'al più l'esistenza di documenti cartacei fanesi a partire dal secolo XV-XVI (è stato acquisito un unico documento del 1221 in copia cartacea del 1727). Cinque registri di protocolli notarili dei secoli XIV-XV (1307-1469), contenenti atti relativi all'abbazia, sono conservati invece presso l'Archivio di Stato di Milano, colà trasferiti durante il periodo del Regno italico napoleonico.
Carte dell'eremodi S. Croce di Fonte Avellana (Serra S. Abbondio, Pesaro e Urbino)
L'eremo sarebbe stato fondato attorno al 980 sulle prime giogaie del Catria da un leggendario Lodulfo di Gubbio. Ma la fondazione dell'istituzione avellanita si deve in realtà alla figura e all'opera di s. Pier Damiano, che ne fu alla guida nel periodo 1043-1072, dapprima come priore, in seguito come cardinale e vescovo di Ostia. Determinando la scelta definitiva per l'eremo sulle orme di s. Romualdo, il Damiano fece di Fonte Avellana un centro di rinnovata spiritualità nel momento cruciale della riforma ecclesiastica del secolo XI. Quindi, nei secoli XII e XIII, l'eremo divenne uno dei più ricchi e prestigiosi monasteri d'Italia.Il fondo diplomatico delle sue pergamene si trova oggi smembrato in varie sedi archivistiche. La parte più consistente si trova presso il Collegio germanico e ungarico di Roma; numerose altre pergamene, provenienti dalla Galleria nazionale di Urbino, sono oggi conservate presso l'Archivio di Stato di Pesaro. C'è da dire, tuttavia, che le ricerche in questo fondo non comportano per gli studiosi grossi problemi, in quanto i documenti del periodo 975-1325 sono stati pubblicati in sette volumi, con edizione integrale fino all'anno 1265, mentre con gli ultimi due volumi l'edizione è in regesto
Cartedell'abbazia di S. Vittore delle Chiuse (Genga, Ancona)
L'abbazia fu fondata attorno al 1000 per iniziativa di signori rurali della zona, i quali tra 1011 e 1014 concessero al suo abate piena autonomia rinunciando al loro patronato sulla chiesa e divenendone enfiteuti e vassalli. Dopo la soppressione della congregazione monastica avvenuta nel 1406 le pergamene documentarie (999-1694) furono divise in vari fondi, corrispondenti alle chiese già soggette all'abbazia: il più cospicuo toccò al monastero olivetano di S. Caterina di Fabriano. A seguito della soppressione napoleonica gran parte di questo fondo finì nel palazzo della famiglia Rosei, i cui eredi lo vendettero all'antiquario fiorentino Gozzini. Da questi le pergamene furono alienate al collezionista statunitense William T. Scheide, che infine donò l'intera collezione alla Princeton University Library, dove oggi costituisce laWilliam Scheide Collection of Medieval Documents. In questo fondo della Princeton dovrebbero oggi figurare 528 pergamene di S. Vittore (secc. XI-XVIII), più altri documenti del Fabrianese e di S. Vittoria in Matenano.Le carte di S. Vittore furono regestate e pubblicate dal Sassi nel 1962. Ma tale pubblicazione è assai carente sia per i criteri seguiti dal curatore sia per il numero dei documenti esclusi. Recentemente G. Avarucci e U. Paoli dell'Università di Macerata (il secondo trasferito poi all'Archivio segreto vaticano) hanno avviato l'impresa della pubblicazione integrale delle carte di S. Vittore, ma il lavoro richiede un impegno non trascurabile anche a causa della difficoltà logistica di esaminare un gran numero di documenti dispersi in vari rivoli: ecco perché i programmi sono saltati e non si è ancora giunti alla pubblicazione delle carte (del I volume, con documenti dei secoli XI-XII, era prevista l'uscita nel 1996). La difficoltà principale rimane senza dubbio lo studio delle pergamene oggi conservate in America: per superare in parte questo handicap i due studiosi avevano fatto eseguire dei microfilm dei documenti di Princeton. Ma anche questa riproduzione si è rivelata carente.
Archivio del Ducato di Urbino
E' il complesso di carte, già appartenente alla casa dei Montefeltro e quindi dei Della Rovere, relativo al governo del ducato di Urbino, il quale, a seguito della devoluzione dello stato alla Santa Sede nel 1631, fu in gran parte ereditato, secondo accordi intercorsi già nel 1624, da Vittoria Feltria della Rovere nepote dell'ultimo principe regnante Francesco Maria II e granduchessa di Toscana. Il fondo Ducato di Urbino è oggi conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze ed è costituito da 972 unità archivistiche tra registri e buste dei secoli XIII-XVIII (con copie di documenti dei secoli XI-XII), più 1.371 pergamene (1063-1696) collocate nel Diplomatico. Altre carte dello stesso archivio, attinenti ai diritti dello Stato e alle giurisdizioni feudali che sarebbero passate alla Camera apostolica, furono invece trasferite alla Santa Sede e attualmente formano il fondo Urbino dell'Archivio segreto vaticano, che dovrebbe contare almeno 280 unità. Solo una parte dell'archivio del Ducato, rimasta a Pesaro, è oggi presso l'Archivio di Stato e la Biblioteca Oliveriana della città. Si segnala, infine, l'esistenza di 25 volumi (Raccolte e miscellanee, Documenti dell'Urbinate, 1527-1738) presso l'Archivio di Stato di Rimini: si tratta per lo più di atti giudiziari, con alcune lettere del duca di Urbino e alcuni atti amministrativi