VELE DIPINTE - araldica marina
Sulle vele è stato scritto parecchio: vele come blasoni popolari, segni di riconoscimento di famiglie, proiezioni ideali, civetterie, affermazioni di valori religiosi, fatto estetico ecc. E' certo che sono un segno forte della marineria velica minore, sia da pesca, sia da traffico, espressione di una cultura antica che nella fondamentale aderenza alle funzioni di "macchina propulsiva a vento" non cessa di caratterizzarsi anche come fatto artistico. Anche quando sono rattoppate, spesso con altre pezze sovrapposte sui rattoppi, conservano sempre uno stile.
Senza dubbio le decorazioni e i colori presenti sulle vele hanno un carattere di maggiore visibilità e di differenziazione rispetto alle parti che formano ed ornano lo scafo, proprio perché più visibili da lontano e perciò facilmente individuabili; inoltre, rappresentando il proprietario della barca, ne consentivano il riconoscimento con l'aiuto di semplici figure geometriche dipinte, alle quali a volte si aggiungevano elementi spiccatamente figurativi (cavallo, stella, rosa dei venti, gallo, ecc.)
Da non dimenticare, però, l'altra funzione del colore, ugualmente fondamentale perché legata alla funzionalità, alla sicurezza e a ragioni economiche, cioè quella di consentire una migliore conservazione del tessuto: se umido e non disteso esso viene attaccato da muffe (visibili come macchioline grigio-brune), che lo rendono fragile riducendone notevolmente e in breve tempo la resistenza, mettendo in pericolo la vita stessa dei pescatori.
Ricapitolando: il colore ha la funzione di rendere facile l'avvistamento della barca e la conseguente identificazione, nonché di conservare il tessuto.
La grandezza ed i colori della vela facilitavano, specie in condizioni di scarsa visibilità, l'avvistamento in mare, perciò erano usate per lo più le tonalità del giallo (oro, scuro) e del rosso (vivo, ruggine), colori che risaltano in mare per essere complementari all'azzurro. Numerose erano poi le combinazioni dei colori anche in una stessa famiglia rispetto a quella del capostipite, in quanto i figli tendevano a diversificare le loro vele per caratterizzare la propria identità rispetto ai colori delle vele dei fratelli e del genitore stesso, quando non ne ereditavano la lancetta.
Nel dopoguerra, col diminuire del numero delle imbarcazioni, si semplificano le strutture e i colori delle vele, dato che l'identificazione può avvenire senza confusione e cade di conseguenza, anche la necessità delle figure centrali, salvo quei simboli fortemente identificati con la famiglia.
Infine, non c'è da dimenticare un ultimo scopo, essenziale della funzione di riconoscimento svolto dalle vele: informare coloro che da terra erano in attesa dell'arrivo delle barche, cioè i famigliari, scalanti e commercianti, specialmente in una spiaggia come quella portorecanatese priva di porto, dove il rientro delle imbarcazioni, in condizioni di tempo non buono, era tutt'altro che sicuro e le operazioni di sbarco dovevano svolgersi rapidamente, in un fondale profondo anche vicino terra, diversamente da quello di Fano, Senigallia, Civitanova, P. S. Giorgio e S. Benedetto del Tronto.
L'avvistamento in mare era importantissimo per trabaccoli, barchetti, paranze; lo era meno per le lancette, che praticavano la pesca costiera rimanendo entro un raggio di 10 miglia, raramente 20-25 miglia dalla località di provenienza. Queste, fino agli anni trenta, dopo aver trainato il capasfoglio (rete per la pesca di fondo) per tutta la notte, all'alba si riunivano in coppie di barche per calare la tartana (grande rete trainata da due barche) e procedevano con la rotta parallela ad una distanza di circa 100 metri. La barca del parò, colui che guidava la pesca, e quella del sottoparò si distinguevano proprio dai colori della vela; spesso la prima aveva l'angolo di penna, il ventrame tutto colorato, mentre l'altra solo una striscia colorata, detta tres.
Tecnica della colorazione
Terminate le cuciture e l'armatura, per uno o due mesi la vela veniva utilizzata "in bianco" per fargli prendere il giusto assetto ed eventualmente reintervenire per corrreggere alcuni ferzi. In questa fase occorreva molta attenzione nel far ben asciugare la vela, per non permettere l'attacco delle muffe. Solo quando la vela era "pronta" si passava alla colorazione. Il processo di colorazione delle vele prevedeva l'uso delle terre colorate che, come di è già detto, assolvevano ad una funzione prevalentemente pratica: formare uno strato di protezione sulla stoffa che prolungava la durata delle vele, impedendo il formarsi delle muffe nel tessuto sempre un po' umido per la salsedine.
La vela veniva colorata su entrambi i lati secondo una tecnica precisa. Dopo aver diluito le terre in acqua, la soluzione veniva stesa con pennelli sulla superficie della vela distesa a terra; quando il colore era assorbito dal tessuto ed iniziava ad asciugare, la vela veniva girata e si ripeteva l'operazione dall'altro lato, quindi veniva arrotolata e fatta asciugare completamente in luogo fresco perché il colore potesse essiccare completamente.
Quando sulla vela si dovevano fare dei disegni, questi venivano prima abbozzati con un pezzo di carbone da colui che da tutti era riconosciuto come "l'artista delle vele". Tracciato il contorno delle figure si passava internamente il colore con pennelli, spugne o scopette di saggina. Il colore del campo di maggiore dimensione della vela, la cui intera superficie viene detta "corpo", veniva identificato come il "colore del corpo".
Una volta asciugata, la vela veniva srotolata e bagnata di nuovo, questa volta con acqua di mare per eliminare l'eccesso di colore e quasi fosse il "battesimo" della stessa, quindi issata all'albero della lancetta e fatta asciugare completamente. Solo allora la vela era definitivamente pronta.
Per quanto riguarda la gamma cromatica, secondo il Manzocchi, nell'area Adriatica erano usati una decina di colori e solo cinque erano presenti in ciascuna marineria, ma era raro che fossero usati tutti e cinque sulla stessa vela. Il rosso e il nero, considerati "nobili", erano impiegati per le parti di maggior rilevanza, quali l'angolo di penna (ventame) e l'emblema centrale.
Le figure convenzionali più usate nelle vele della marineria adriatica erano: scaletta, ventame, tacco, campanella, strisce, cannoni, travi, campane, gradi, tovaje, pocce, smorciacandele e pallò o bolli. Ad essi poteva essere aggiunta un'ulteriore figura che rappresentava il proprietario o la famiglia e consentiva l'identificazione della barca: è questo il simbolo che viene ricordato meglio. La figura o simbolo del proprietario, può riferirsi ad episodi della sua storia personale ed essere ereditato da un ascendente.
I simboli
I simboli che apparivano sulle vele possono essere raggruppati in poche categorie simboliche e si ripetono in tutte le marinerie anche se in alcune, come in quella di San Benedetto del Tronto, raggiungevano una notevole varietà.
A Porto Recanati abbiamo rilevato simboli appartenenti a quattro o cinque categorie: religiosi, animali, stelle, geometrici e vari. Su circa un centinaio di vele analizzate i simboli diversi risultano essere 27, mentre le restanti presentano combinazioni di campiture di colori o la ripetizione del simbolo con l'aggiunta di ventrame o di tres ad indicare che la lancetta costituiva la "brigata", cioè la copppia di pesca.