Il museo si trova all’interno dell’ex convento dei Padri Domenicani. L’importante complesso architettonico ha avuto nei secoli diverse destinazioni che lo hanno progressivamente trasformato in collegio, sedi di uffici e scuole fino all’abbandono alla fine del XX secolo e al recupero attuale.
Il museo attualmente consta solo della prima sezione dedicata al collezionismo antiquario e alla nascita del museo pubblico. Le successive sezioni, incentrate su Fermo in età protostorica e romana, saranno aperte nel corso del 2024 e del 2025. L’ingresso al museo consente l’accesso ai sotterranei medievali e alle imponenti Cisterne Romane.
Il percorso espositivo ricostruisce la storia della formazione della collezione archeologica comunale, all’origine della quale c’è la passione per l’archeologia dei fratelli Gaetano e Raffaele De Minicis. I due fratelli, nella prima metà del XIX secolo, raccolsero nella loro abitazione una ricchissima collezione di oggetti antichi, frutto di scavi e acquisti, di natura principalmente archeologica ed epigrafica inerente il Fermano. Nel museo è proposta una ricostruzione degli ambienti di casa De Minicis, già all’epoca aperta al pubblico, dove iscrizioni e sculture antiche si affiancavano a dipinti; un museo, il loro, definito uberrimus da Theodor Mommsen, e che contemplava dagli anelloni piceni e urne cinerarie etrusche, di provenienza ignota, alla stele funeraria in marmo con raffigurazione di bambino e cane da Monteleone di Fermo. Alla morte di Gaetano De Minicis, avvenuta nel 1871, il nipote Pietropaolo vendette la collezione e molti reperti confluirono in ambito privato e in musei (Louvre) ma una parte consistente, fortunatamente acquistata dal Comune di Fermo, costituì, in sostanza, il primo nucleo del museo archeologico di Fermo cui si aggiunsero, nel 1888, alcuni importanti reperti della collezione privata dell’architetto Carducci.