Espressione particolarissima di quella cultura internazionale definita come Modernismo, corrispondente all’epoca dell’affermazione della borghesia urbana desiderosa di possedere oggetti eleganti e raffinati, frutto di un’estetica colta e ricercata che la rappresenti, il Liberty o Modern style nasce proprio in opposizione al gusto seriale e anonimo degli oggetti di origine industriale.
Il progetto Liberty, nato in Inghilterra nell’ambito dell’estetismo neoquattrocentesco Preraffaellita e immediatamente recepito in Francia, dove è conosciuto con il nome di Art Nouveau, è quello di operare una rivalutazione del procedimento artigianale che crei oggetti di singolare unicità e raffinata eleganza. I caratteri distintivi del Liberty possono essere riassunti in una pervicace predilezione per il linearismo bidimensionale (imparato dalla cultura orientale e giapponese) che rielaborando e stilizzando gli elementi naturalistici e floreali, trattati come complessi geometrici da scandire ritmicamente, ottiene effetti di straordinario decorativismo. Alla base del gusto Liberty si pone, dunque, una predilezione per la linea sinuosa e serpentinata con la quale si costruiscono le forme flessuose che caratterizzano gli oggetti d’arredamento casalingo e urbano. Queste strutture linearistiche dall’impostazione asimmetrica e ritmica finiscono per contaminare anche le arti plastiche maggiori che adottano questo stile in opposizione all’accademismo immobile e in quanto paradigma della modernità.
Gli anni del Liberty corrispondono in Europa alla grande stagione del Simbolismo, movimento culturale che, come il Liberty, muove alla ricerca di effetti raffinati ed eleganti disegnando atmosfere di grande suggestione evocativa. Sebbene la concezione simbolista appartenga più all’ambito dell’atmosfera e quella Liberty alla forma, nel caso della cultura figurativa marchigiana di inizio secolo queste due entità stilistiche e culturali sembrano coincidere. Emblematica, in tal senso, l’esperienza dei maggiori artisti marchigiani dell’epoca allevati alla corte simbolista del gruppo romano di Nino Costa “In Arte Libertas” o in qualche modo ad essa partecipi e, tuttavia, esempi incontrastati di un gusto che, seppure secondo inclinazioni soggettive, mostra caratteri incontestabilmente Liberty. E il Liberty, declinato secondo sensibilità personali è, per questi artisti, l’avanguardia antiaccademica, la nuova frontiera dell’espressione artistica. È questo il caso di Napoleone Parisani, il cui Angelo della morte (Pinacoteca dei Musei civici di Camerino) è fin dal titolo pienamente simbolista, anche se il linearismo marcato ed elegante disegna esiti partecipi del Liberty; di Francesco Vitalini pittore e incisore, autore di paesaggi lirici percorsi da fremiti inquieti, memori delle correnti artistiche nordiche e di Arnold Böcklin in particolare; di Biagio Biagetti artista che veste di divisionismo e Liberty le tematiche sacre. Autore di molte decorazioni a fresco per edifici civili e religiosi delle Marche, Biagetti collabora alla fabbrica della Basilica della Santa Casa di Loreto, per cui firma le decorazioni a fresco della cappella slava, dipingendo la vita dei Santi Cirillo e Metodio, e della cappella del Santissimo Crocifisso con le Storie della Passione, ritenuto il capolavoro dell’artista portorecanatese.
Alla testa degli artisti marchigiani, che operano a cavallo tra Simbolismo, Idealismo dannunziano e l’“arte nuova” del Liberty si pone però Adolfo De Carolis, pittore, incisore, illustratore di Pascoli e D’Annunzio, che della fluidità delle forme fa un caposaldo della sua arte, sia nella declinazione italiana del preraffaellismo, sia nell’interpretazione moderna delle suggestioni classiche e rinascimentali, a cui spesso pare ispirarsi. Convinto che la decorazione non sia un accessorio dell’immagine, ma un sistema formale e compositivo intrinseco alla raffigurazione stessa – una concezione, questa, pienamente Liberty – anche il de Carolis si dedica a complessi cicli ornamentali, primo fra tutti quello del Salone dei Quattrocento nel Palazzo del Podestà a Bologna, dove l’impresa di dipingere la storia della città impegna l’artista dal 1911 per gli anni a venire. Presso il Museo Adolfo de Carolis di Montefiore dell’Aso, paese nativo dell’artista, si conservano i bozzetti del ciclo pittorico raffigurante la Storia di Bologna dall’antichità all’epoca moderna, alternata a figure allegoriche e personaggi famosi dell’alveo bolognese.
Espressione assai più pura della coeva pittura marchigiana, l’architettura Liberty della regione conosce momenti emblematici, che vanno dal Villino Ruggeri di Pesaro, all’Auto Palace di Macerata, all’Autostazione SIAMC di Corridonia e, soprattutto, al Villino Conti di Civitanova Marche. Opera di altissima fattura, la costruzione, rispetto al più famoso edificio Ruggeri di Pesaro, a cui contende la rappresentanza del Liberty marchigiano, mostra una coerenza stilistica nell’interpretazione delle direttive proprie del Modern style, nonché una struttura riccamente decorata con inseriti di elevatissima qualità.
Un caso esemplare: il Villino Ruggeri a Pesaro
L’adesione al Liberty delle Marche e, in particolare, della città di Pesaro, avviene in occasione della risistemazione urbanistica delle zone collocate in prossimità della riviera. Che un intervento urbanistico avvenga all’insegna del Liberty non è un caso, essendo questo lo stile preferito dalla nuova borghesia urbana, che trae ricchezza dalle proprie attività imprenditoriali investendo in oggetti ed edifici che siano lo specchio del proprio benessere e della propria raffinata cultura. Proprio la nuova ondata di prosperità che attraversa la società cittadina sul finire del XIX secolo porta a pianificare l’edificazione di quelle zone che dal centro cittadino si distendono verso il mare. Si tratta di luoghi nei quali si sperimentano soluzioni urbanistiche adeguate per la villeggiatura e pertanto caratterizzate da viali ombreggiati, giardini estesi e soprattutto eleganti villini.
È nei villini, infatti, che le formule del Liberty trovano maggiore applicazione, come nel caso famosissimo del villino Ruggeri, nato dal gusto originale e raffinato del suo proprietario, Oreste Ruggeri, il quale si avvalse, per realizzare il suo progetto, dell’ architetto urbinate Giuseppe Brega.
La costruzione del villino, iniziata nel 1902 impiegandovi, almeno inizialmente maestranze locali, è stata a lungo ritenuta ultimata nel 1907, anche a causa dell’iscrizione presente nell’edificio che ha fatto supporre la conclusione dei lavori a questa data. Un nuovo ritrovamento documentario ha tuttavia dimostrato come nel 1907 i lavori nel villino fossero ancora in fieri, concludendosi non prima del 1912.
Il villino, ubicato nella zona marittima di Pesaro, fu ideato dallo stesso Ruggeri, farmacista di successo, creativo ed eccentrico, desideroso di diffondere il gusto Liberty nella propria città, in piena armonia con la tendenza dell’epoca, che vedeva nell’adozione del Modern style il simbolo d’appartenenza alla fascia benestante della borghesia. Fu lui in persona, proprietario tra l’altro di una fabbrica di ceramiche per la produzione di pezzi in stile Liberty, a predisporre disegni e i bozzetti di questo edificio, nonché a coordinarne i lavori, che già alla fine del 1902 diedero alla luce la struttura portante, in verità decisamente tradizionale, vista la forma da parallelepipedo che la caratterizzava. Nonostante l’impostazione non troppo innovativa, ascrivibile probabilmente al gusto assai più moderato dell’architetto Brega, il punto di forza della costruzione va individuato nei complessi ornamentali e negli accessori decorativi concepiti dalla creatività del proprietario sui coevi modelli di derivazione franco-belga.. Distintiva, in tal caso, la parte relativa al giardino, un’area a forma di pentagono ravvivata, in origine, da numerosi vialetti, gazebo, e aiuole, elementi decorativi attualmente scomparsi, che avevano il merito di segnalare l’originale impronta stilistica elaborata dall’ideatore. Questa vena originale si esalta, infatti, in maniera ancora più incisiva nelle sfarzose decorazioni floreali, realizzate mediante un particolare impasto di cemento importato dalla Francia. L’intera superficie è percorsa da questo tripudio di elementi ornamentali, solitamente distribuiti in maniera simmetrica e sincronizzati con gli elementi strutturali dell’edificio. In armonioso accordo con la decorazione parietale in stucco appaiono i balconi delle facciate laterali abbelliti e movimentati da eleganti ringhiere in ferro battuto.
Un altro elemento determinante presente all’epoca era rappresentato dal variegato cromatismo, oggi illeggibile che, giocato sulle tonalità ocra, porpora e verde amplificava l’assetto ornamentale delle facciate i cui effetti cromatici entravano in risonanza con i colori delle vetrate, delle persiane (aggiunte solo nel 1921), e del portone centrale.
Quando fu terminato, dell’edificio non vi era nulla che non esprimesse la sinuosità e la dinamicità dello stile Liberty: oltre agli esterni, ai quali si è già accennato, anche i mobili dell’arredamento, le porte, le ceramiche, gli infissi, i lampadari, la scala interna che guida ai piani superiori (la cui ringhiera fu realizzata dall’artigiano pesarese Ferdinando Braggia) erano il risultato armonico della nitida applicazione e piena adozione dei valori e dei principi del Modernismo.
A cavallo dei secoli XIX e XX, il Modernismo intendeva essere un movimento culturale innovativo in grado di coinvolgere, contemporaneamente e coerentemente, la progettazione architettonica, la produzione artistica, nonché lo stile di vita dell’epoca, come del resto enuncia chiaramente e con fierezza l’incisione sull’ingresso principale del villino: “Concezione di Oreste Ruggeri e di Giuseppe Brega esecutore – urbinati – 1902-1907”.
Attualmente, il secondo piano dell’edificio è quello che meglio esprime l’idea creativa dei due protagonisti, poiché conserva pressoché inalterate le decorazioni interne effettuate, tramite stucchi e dipinti su soffitti e pareti, dall’architetto Giuseppe Brega, con l’apporto delle proposte e degli schizzi preparatori di Oreste Ruggeri. Insieme, le due personalità, hanno concepito le stanze che tuttora portano i nomi dedicati ai motivi floreali che le ornano: la “stanza dei girasoli”, la “stanza dei glicini”, la “stanza dei narcisi”.
L’impresa del villino Ruggeri è integrata alla personalità eccentrica e geniale del suo committente che impresse l’edificio della sua sensibilità profondamente modernista e considerò la costruzione come un veicolo promozionale e pubblicitario a sostegno delle sue attività imprenditoriali.
Bibliografia
R. Bossaglia (a cura di), Archivi del Liberty italiano – Architettura, Franco Angeli, Milano 1987.
R. Bossaglia (a cura di), Adolfo de Carolis e il Liberty nelle Marche, catalogo della mostra Macerata, Palazzo Ricci luglio – ottobre 1999, Mazzotta, Milano 1999.