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Storico dell'arte

Amico Ricci è uno storico dell’arte marchigiano vissuto nel XIX secolo. Nato a Macerata nel 1794 da una famiglia aristocratica, lascia la città per frequentare il Collegio Ducale di Parma per poi spostarsi a Bologna dove intraprende gli studi di Logica, Fisica  e Metafisica. 

Tornato nelle Marche, ricopre la carica di gonfaloniere nella città di Macerata dal 1822 al 1824: è tuttavia l’interesse per la storia dell’arte ad appassionarlo maggiormente e, dal 1827, inizia ad intraprendere i primi studi sugli artisti marchigiani e a raccogliere il materiale per la sua opera più importante, le Memorie storiche delle arti e degli artisti della marca di Ancona, pubblicata a Macerata nel 1834, ispirata alla Storia Pittorica dell’Italia di Luigi Lanzi. 

Il suo metodo di ricerca è basato sullo studio delle fonti letterarie, sul confronto con gli amici eruditi e sulla verifica diretta dell’opera d’arte, considerata da Ricci il momento più vitale dello studio, in quanto gli consente di analizzare problemi legati al fenomeno della dispersione, alla cattiva conservazione o a restauri discutibili, imputabili alla scarsa conoscenza del valore storico dei beni.  

Ma alla base della sua opera c’è “la generosità di molti dotti amici”, esperti conoscitori d’arte, sia marchigiani che non. Collaboratori dinamici i quali, “colle parole, e colla presenza conforto, e favore”, lo hanno incoraggiato a condurre a termine le ricerche e gli studi. Ricci ricorda con particolare affetto il fermano Alessandro Maggiori, autore di una guida artistica di Ancona e di un Itinerario d’Italia, scomparso prematuramente poco prima della pubblicazione delle Memorie che Ricci gli dedica, e Giacinto Cantalamessa Carboni di Ascoli Piceno, autore delle Memorie intorno i letterati e gli artisti della città di Ascoli Piceno. Tra le presenze extra marchigiane, il capofila è Leopoldo Cicognara, emiliano di nascita ma presidente dell’Accademia dell’Ateneo veneziano, autore della Storia della scultura, opera con cui si pone in continuità rispetto allo storico neoclassico Johann Joachim Winckelmann (Stendal, 1717 – Trieste, 1768). 

Le Memorie di Amico Ricci trattano, per la prima volta e in maniera organica, il tema della storia dell’arte di un territorio regionale, per di più periferico, come quello marchigiano. 

Oltre allo studio finito, molto interessanti risultano i racconti del Ricci sui  viaggi compiuti in vista della stesura delle Memorie.  

I diari delle sue trasferte raccontano di conventi sperduti in luoghi impervi che, al loro interno, custodivano opere d’arte nascoste magari, in polverose sagrestie. 

Memorabile è il racconto dello stesso Ricci che, intenzionato a vedere il polittico di uno dei suoi artisti più amati, Vincenzo Pagani raggiunge, dopo un lungo cammino, la Collegiata di San Paolo di Force. L’opera era stata smembrata dai frati, probabilmente per essere venduta più facilmente: sette tavole laterali erano nella sagrestia, mentre lo scomparto centrale era collocato sopra il portone di una chiesa “in una luce così sfavorevole” che, narra lo stesso Ricci, “dovetti salire su una scala”. La luce doveva essere sfavorevole a tal punto che, lo storico, non lesse nemmeno l’evidente firma “COLA AMATRICIUS FACIEBAT”! (Cola dell’Amatrice, Pinacoteca di Ascoli Piceno

Qualche tempo dopo, nel 1830, le tavole del polittico attirano l’attenzione di Ignazio Cantalamessa, noto architetto ascolano, ricordato come uno dei più abili e cinici mercanti d’arte. Disposto a sborsare ben 300 scudi per le tavole, Cantalamessa, insospettisce il Governo Italiano che blocca la vendita.   

Se il polittico di Cola dell’Amatrice sfugge fortunosamente al mercato antiquario, grande è stata comunque la dispersione delle opere marchigiane tre - quattrocentesche. Questo fenomeno è indicativo del momento storico in cui vive e si forma il Ricci: imbevuti dell’ideologia neoclassica che stravedeva per la stagione della perfezione assoluta e del bello ideale inaugurata da Raffaello, i conoscitori d’arte dell’epoca, in genere, non apprezzavano le opere precedenti caratterizzate da “durezza, secchezza, e rigidità”. 

In un contesto culturale siffatto, spesso con la complicità degli stessi artisti e dei conoscitori, molte opere finiscono sul mercato ad alimentare il collezionismo internazionale che andava diffondendosi in quegli anni. 

Anche Ricci nelle Memorie adotta l’impostazione ideologica neoclassica dell’evoluzione degli stili teorizzata da Winckelmann. Dopo il primo capitolo dedicato a Gli Antichi, il percorso comincia con la rinascenza dell’arte nel Quattrocento ad opera di Gentile di Fabriano e continua con la perfezione raggiunta da Raffaello e Michelangelo, con la svolta seicentesca del Barocci, del Caravaggio e dei Carracci, per terminare con la nuova fase artistica inaugurata dal Maratta; tra gli artisti contemporanei ammira Filippo Bigioli e Francesco Podesti “giovane d’altissima speranza”. 

Le fasi artistiche che nelle Memorie si avvicendano tra periodi di fulgore e di decadenza, sono sempre valutate in rapporto inscindibile con la storia: il fiorire dell’arte del Quattrocento viene spiegato alla luce della ripresa politica ed economica e posto in relazione rispetto alla rivoluzione in campo letterario operata da Dante, Petrarca e Boccaccio; il decadimento dell’arte durante il Manierismo, rappresentato nelle Marche da Simone de Magistris, è giustificato con l’ipertrofia delle richieste dei committenti, mentre la speranza di una fase nuova trova riscontro nelle parole dell’ultimo capitolo Dei pittori della Marca che vissero nel secolo XVIII, in cui Amico Ricci guarda in favore della riforma neoclassica di Mengs e Batoni che hanno incamminato molti giovani alla perfezione dell’arte.

La fortuna delle Memorie e la notorietà di Amico Ricci permangono per tutto il XIX secolo fino a superare i confini nazionali, arrivando in Germania e Inghilterra. 

Nel XX secolo le Memorie sono invece quasi ignorate dalla storiografia: nel 1924 Schlosser, nella sua Letteratura artistica, ricorda l’opera nella bibliografia della letteratura marchigiana e delimita i meriti di Ricci solamente alla Storia dell’Architettura italiana, scritta nel 1857. Luigi Serra lo definisce, in modo riduttivo, biografo degli artisti marchigiani. Solo Pietro Zampetti, negli ultimi decenni del secolo, riabilita lo storico, ponendo l’accento sull’innovazione della sua opera; Ricci viene riconosciuto da Zampetti come il primo storico dell’arte nelle Marche.

Bibliografia

 - Enrico Bettucci, 22 lettere inedite di Francesco Puccinotti ad Amico Ricci, Macerata, Tipografia Sedes Sapientiae, 1898

- Amico Ricci, Elogio del pittore Gentile da Fabriano scritto dal marchese Amico cav. Ricci di Macerata, Macerata, Giuseppe Mancini Cortesi, 1829

- Amico Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della marca di Ancona, Macerata 1834

- Amico Ricci, Storia dell'architettura in Italia dal secolo IV al XVIII, scritta dal marchese Amico Ricci - Ristampa anastatica, Bologna, 1967. Riprod. facs. dell'edizione di Modena del 1857-1859.

- Anna Maria Ambrosini Massari, Amico Ricci e la nascita delle storia dell'arte nelle Marche, Ancona 2007. 

- Anna Cerboni Baiardi, Tra documentazione e collezionismo: l'incisione negli studi di Amico Ricci



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