Descrizione
Secondo la tradizione San Rocco è un santo taumaturgo, invocato dai fedeli fin dal Medioevo come protettore contro le epidemie, in particolare contra pestem. Rappresentato da Lorenzo Lotto nella sua veste di pellegrino, porta con sé un bastone, sceso dietro alla nuca un cappello con il simbolo papale della doppia chiave incrociata, e a terra una sacca da viaggio e una ciotola per bere lungo il cammino. Conformemente all’iconografia che lo contraddistingue, il santo, togliendosi la calza rosa, indica all’osservatore il bubbone ben in vista sulla coscia. La stessa foggia iconografica ha altresì segnato la produzione dei cosiddetti pittori lotteschi nelle Marche, fra i quali si ricorda Simone De Magistris da Caldarola. Sullo sfondo del dipinto si apre un paesaggio collinare, tipico marchigiano, e un cielo carico di nubi tempestose: l’atmosfera plumbea bene si raccorda con spiritualità del santo effigiato.
Nel “Libro di spese diverse” Lorenzo Lotto in più circostanze ha fatto riferimento a commissioni riguardanti la figura di San Rocco. Fra le commissioni maggiormente note si ricordano una prima annotazione (1544) riferita a un dipinto “de la Madonna di Loreto con un San Sebastiano e un San Rocco” destinato alla chiesa di Santa Maria Maddalena di Treviso, e l’assegnazione (1549) di un’opera rappresentante i santi Rocco e Sebastiano destinata alla chiesa di Santa Maria di Posatora per la venerazione di alcune pie donne. Il dittico di Posatora, successivamente smembrato, è stato indentificato dalla critica in quest’opera - conservata dal 2006 presso la Galleria Nazionale delle Marche di Urbino - e nel San Sebastiano appartenente a una collezione privata bolognese. A seguito dell’accessione del dipinto, precedentemente in una collezione tedesca e altresì venduto allo Stato italiano dalla società Piacenti Art Gallery, Peter Humfrey ha per primo avanzato ipotesi sull’originaria complementarità delle due tele. Dello stesso parere, Lorenza Mochi Onori vi ha riscontrato la continuità spaziale del paesaggio di sfondo e l’azione narrativa in successione, oltre al dettaglio della calza rosa sfilata che inizia nel pannello con “San Rocco” e continua in quello con “San Sebastiano”, secondo un’espediente già utilizzato da Lotto per la “Pala di Santa Lucia” di Jesi. L’attribuzione al maestro veneziano è suffragata dalla consonanza stilistica e iconografica con il dipinto di “San Cristoforo fra i santi Rocco e Sebastiano” datato intorno al 1535 ed eseguito dall’artista per la basilica della Santa Casa di Loreto, oggi conservato nella Pinacoteca del Palazzo Apostolico. La ricorrenza nel riutilizzo di medesimi cartoni preparatori per opere di destinazione diversa è stata accertata dalla critica in più occasioni, in particolare a partire della mostra recanatese del 1998 curata Mauro Lucco. Altra pista di indagine è stata dedicata all’assidua frequentazione del santuario lauretano da parte delle fedeli anconitane committenti. In anni recenti il ruolo di tramite per la commissione del dipinto è stato assegnato a Madonna Piera, moglie di messer Francesco di Monaco, entrambi esponenti in stretto contatto con la Confraternita di San Rocco cui l’opera dovette essere allocata. La stessa edificazione dell’edificio chiesastico (1531) è altresì ricondotta ad ex voto, quale sacello di ringraziamento per la conclusione della terribile epidemia di peste che colpì il territorio in quegli anni.