Principali terremoti storici dell'area umbro-marchigiana
a cura di V. Castelli (GNDT presso OGSM, MC)
Di seguito vengono presentate alcune schede sintetiche sui principali terremoti dell'Appenino umbro-marchigiano. Per ciascuna di esse si rimanda ad una scheda più estesa (in progress).
Il 30 aprile 1279 l'Appennino umbro-marchigiano fu interessato da un terremoto che precedette di poche ore un secondo evento distruttivo verificatosi nell'Appennino tosco-emiliano. Alcuni cronisti medievali hanno descritto questi eventi come un unico fenomeno abbracciante gran parte dell'Italia centrale. L'area di danneggiamento del terremoto umbro-marchigiano fu comunque ampia. Fonti coeve e attendibili attestano che due terzi degli edifici di Camerino furono distrutti mentre Cagli, Fabriano, Matelica, San Severino Marche, Cingoli, Nocera, Foligno e Spello rimasero "diroccate". Tutti i castelli (ossia insediamenti minori cinti da mura) nelle montagne tra Nocera e Camerino "patirono molti danni". Il castello di Serravalle (di Chienti) sarebbe restato sepolto da una frana, forse innescata dal terremoto. Non si hanno dati attendibili sul numero - comunque molto elevato - delle vittime né sull'estensione dell'area di risentimento, a parte il fatto che essa comprese certamente Roma. Le notizie dei terremoti del 1279 ebbero vasta eco nell'Europa centrosettentrionale: se ne trovano menzioni in cronache austriache, tedesche e polacche.
studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)
L'area di danneggiamento del terremoto del 1 o forse del 4 dicembre 1328 comprende Norcia, dove gran parte degli edifici e le mura crollarono, Preci, Visso, S. Martino, Montesanto, Cerreto e Castel S. Giovanni, che subirono danni genericamente gravissimi. L'estensione dell'area di risentimento è imprecisata ma l'evento fu certamente avvertito a Foligno, Roma e Ripatransone, nelle Marche meridionali. Non si hanno dati attendibili sul numero - comunque molto elevato - delle vittime. Le repliche potrebbero essere proseguite per un mese.
studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)
L'area di danneggiamento del terremoto del 25 dicembre 1352 comprese le colline a sud di Monterchi e l'alta Val Tiberina. La rocca d'Elci crollò uccidendo la guarnigione; l'abbazia di S. Giovanni di Marzano subì gravissimi danni. A Sansepolcro parte degli edifici e delle mura crollò, causando alcune vittime. Gli edifici pubblici di Città di Castello subirono danni gravi ma riparabili. La notte tra il 31 dicembre 1352 e il 1 gennaio 1353 una nuova forte scossa causò ulteriori crolli e un maggior numero di morti a Sansepolcro. Le repliche potrebbero essersi protratte per un mese. Non si hanno dati attendibili sul numero dei morti, che furono comunque molti, anche per la presenza a Sansepolcro di truppe mercenarie dei Visconti, acquartierate per l'inverno. L'estensione dell'area di risentimento è imprecisata; l'evento del 25 dicembre fu avvertito probabilmente ad Arezzo e certamente a Bologna.
studio di riferimento: Castelli et al. (1996)
I danni maggiori del terremoto del 18 ottobre 1389 si concentrarono nel territorio a nord-est di Città di Castello dove, oltre a un numero imprecisato di edifici isolati, crollarono i castelli (insediamenti fortificati) di Castelguelfo, Baciuccheto e Pietragialla, al confine con le Marche. Crolli e danni più o meno gravi e diffusi si ebbero a Sansepolcro, Città di Castello, Mercatello sul Metauro e Urbania. L'estensione dell'area di risentimento è imprecisata, anche se l'evento potrebbe essere stato avvertito a Gubbio e forse a Forlì. L'evento principale fu preceduto da una scossa minore il 16 ottobre e seguito da repliche fino alla seconda metà di novembre 1389.
studio di riferimento: Castelli et al. (1996)
Il terremoto del 26 aprile 1458 fu preceduto da parecchie scosse avvertite a Città di Castello il giorno e la notte precedenti. L'evento principale si verificò tra le 12 e le 13 ora locale, causando crolli e danni gravi a circa 400 edifici di Città di Castello (circa un terzo del totale, secondo stime coeve) e lesionando gli altri. Nel contado di Città di Castello subirono danni ville (case signorili) e villaggi imprecisati. L'area di danneggiamento comprese Sansepolcro e Montone. L'estensione dell'area di risentimento è imprecisata; le scosse furono certamente avvertite a Gubbio e a Perugia, la cui popolazione ai primi di maggio continuava a pernottare all'aperto. I morti furono da 14 a 25 a Città di Castello e "assai" nel contado. Le repliche proseguirono almeno fino al 4 maggio.
studio di riferimento: Castelli et al. (1996)
L'evento del 5 novembre 1599 fu preceduto da lievi scosse avvertite a Cascia dal principio di ottobre e da una scossa che lesionò parecchi edifici il 4 novembre. Nella notte 5-6 novembre la scossa maggiore causò a Cascia il crollo di più di quaranta case, e danni gravi a tutti gli altri edifici. L'area di massimo danneggiamento comprese Cascia, Chiavano, Castel S. Giovanni, Roccatamburo, Mucciafora, Colle Giacone, Giappiedi e Maltignano. Norcia subì danni più lievi. I morti furono 8 a Cascia e 40 nel contado. L'area di risentimento comprese le Marche, parte della Romagna, Roma e L'Aquila. Numerose repliche forti ma senza danni si ebbero fino al gennaio 1600.
studio di riferimento: GNDT (1994)
I terremoti del gennaio-febbraio 1703, localizzati in Umbria e Abruzzo sono per l'Italia centrale una delle più significative sequenze sismiche dell'ultimo millennio. Gli eventi maggiori si ebbero il 14 e 16 gennaio e il 2 febbraio 1703. L'evento del 14 gennaio interessò con i massimi effetti una vasta area dell'Umbria e del Lazio all'incirca compresa tra Norcia e Amatrice. Quello del 16 gennaio è meno ben conosciuto e sembrerebbe meno significativo. L'evento del 2 febbraio 1703 causò invece gravissime distruzioni tra Lazio e Abruzzo, specialmente nell'area compresa tra Antrodoco e L'Aquila e "finì di distruggere" varie località danneggiate dalle scosse precedenti. Numerosi villaggi completamente distrutti furono abbandonati. Le vittime furono circa 10000. L'estensione dell'area di risentimento non è stata affrontata in maniera sistematica, ma incluse certamente Milano, Venezia e Napoli.
studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)
La mattina del 27 giugno 1719 una scossa di terremoto interessò Norcia e Cascia dove si aprirono ampie fenditure negli edifici nuovi, costruiti dopo i terremoti del 1703. Subirono danni abbastanza gravi l'abbazia di S. Eutizio, Preci, Saccovescio, Croce, Castelvecchio e Tuturano. Fonti di seconda mano sostengono che a Norcia ci sarebbero state alcune vittime e che l'area di danneggiamento non avrebbe compreso la pur vicina Visso. L'evento fu avvertito a Spoleto, Foligno, Perugia, Rieti e Roma. Una replica meno forte viene segnalata, la sera dello stesso giorno, da osservatori di Cascia e Perugia.
studio di riferimento: GNDT (1994)
Il terremoto del 12 maggio 1730 interessò con i maggiori effetti il territorio di Norcia, dove i castelli di Onde, S. Martino, Casciolino, Castell'Innocenzo e Belvedere rimasero "adeguati al suolo". Crolli e danni abbastanza gravi si ebbero a Norcia, Campi, Ancarano Cascia. Un danneggiamento meno intenso si ebbe nella confinante area marchigiana, a Castelsantangelo sul Nera, Ussita, Vallestretta, Vallinfante e Visso. L'evento fu avvertito in tutto il territorio marchigiano, fino a Pesaro, Senigallia, Macerata e Ascoli Piceno; in Umbria, almeno fino a Foligno; in Abruzzo a L'Aquila e Vasto; nel Lazio ad Amatrice e Roma. L'evento ricade in un'area interessata dai violentissimi terremoti del 1703. Per alcune località non è possibile distinguere quanto il danneggiamento attestato sia imputabile al terremoto del 1730 e quanto alle preesistenti cattive condizioni degli edifici.
studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)
Il terremoto del 24 aprile 1741 interessò con i maggiori effetti il territorio compreso tra Serrasanquirico e Fabriano ma ebbe un'area di danneggiamento estremamente estesa (da Pesaro e Urbino a Gubbio e Perugia, da Macerata a Fermo). Si dispone di pochi dati sull'estensione dell'area di risentimento, che fu comunque vasta (da Udine a Roma, mentre non si hanno dati precisi sul limite di percettibilità nell'Italia meridionale). Abbastanza stranamente, non si hanno notizie precise in merito a possibili repliche.
studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)
Quello del 17 aprile 1747 potrebbe essere il principale in una sequenza di eventi verificatisi tra il 26 gennaio e il 20 dicembre 1747 in un vasto territorio compreso tra Nocera Umbra e Senigallia. Esso causò crolli e danni abbastanza gravi nel territorio della diocesi di Nocera Umbra e nel Fabrianese (Nocera Umbra e località minori del Nocerino, Gualdo Tadino, Sigillo, Belvedere, Campodonico, Fabriano). Dopo repliche quotidiane durate un mese circa, l'attività si attenuò fino al 20 e 22 settembre 1747, quando si registrarono ulteriori danni nel Fabrianese. L'evento del 17 aprile fu avvertito ad Ancona, Fermo, Senigallia e Roma e causò almeno una vittima a Belvedere (Fabriano). Il fatto che le scosse interessassero edifici già danneggiati dal terremoto `fabrianese' del 1741, contribuì certamente ad accentuare la severità degli effetti.
studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)
L'evento del 27 luglio 1751 è il maggiore in una sequenza di scosse avvertite a partire dal marzo 1751 in una vasta area dell'Umbria e delle Marche e proseguite forse fino al luglio 1752. Esso causò danni in un'ampia area, estesa da parte umbra, fino a Città di Castello, Perugia, Assisi, Terni e da parte marchigiana fino a Cagli, Fabriano, Matelica e Montefano. Il massimo danneggiamento si ebbe in alcuni villaggi poco a sud di Gualdo Tadino (Broccaro, Busche, Voltole etc.), in cui la maggior parte delle case fu atterrata e il resto rimase inagibile. Gli estremi noti dell'area di risentimento sono Arezzo, Forlì Ancona e Roma. Il fatto che le scosse interessassero aree già danneggiate dai terremoti del 1741 e del 1747 terremoto `fabrianese' del 1741, contribuì probabilmente ad accentuare la severità degli effetti.
studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)
Il terremoto del 3 giugno 1781 è caratterizzato da due fortissime scosse verificatesi a distanza di circa 10 minuti l'una dall'altra, che interessarono con i maggiori effetti una vasta area dell'Appennino al confine tra Marche settentrionali, Umbria e Toscana. Il massimo danneggiamento si ebbe nell'area di Piobbico e Cagli. L'area compresa tra Gubbio e Fabriano fu interessata da effetti relativamente minori (dal VI al VII grado MCS). Si dispone di pochi dati sull'estensione dell'area di risentimento, che comprese comunque buona parte della Toscana (da Firenze a Monte Oliveto Maggiore) e della Romagna (fino a Ravenna).
studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)
L'area di massimo danneggiamento del terremoto del 30 settembre 1789 comprende gli insediamenti rurali situati nella pianura tra Città di Castello e Sansepolcro, specie sulla riva sinistra del Tevere (Selci, Grumale, San Giustino etc.). L'area di danneggiamento è delimitata a nord da Sansepolcro a ovest da Anghiari e Citerna, a sud da Montone. Le più dettagliate descrizioni di effetti riguardano Città di Castello, dove sembra che la tipologia di danno più grave e diffusa sia stata il crollo dei tetti, con conseguente sfondamento di volte e solai e perdita di coesione delle pareti. L'area di risentimento comprende buon parte della Toscana (Siena, Firenze, Cortona, Castiglion Fiorentino) e forse qualche località dell'interno nelle Marche settentrionali. L'evento principale era stato preceduto di circa 5 ore da una scossa avvertita a Città di Castello e Sansepolcro. Repliche sono segnalate, da Città di Castello, l'11 ottobre e nei giorni immediatamente precedenti il 31 ottobre 1789.
studio di riferimento: Castelli et al. (1996)
I danni più gravi causati dal terremoto dell'11 ottobre 1791 si concentrarono nell'area montuosa ad est di Foligno, sul versante umbro della strada per Colfiorito. I villaggi di "Scopoli [...] Leggiana, Case Nuove, Volperino, Serrone, Pale, Morro, Casale, ed altri prossimi luoghi" furono particolarmente colpiti. I testimoni lasciano peraltro intendere che all'entità complessiva dei danni non furono estranee le preesistenti cattive condizioni degli edifici ("è caduto quel ch'era cadente, e rovinato, ciò ch'era già rovinoso"). La tipologia del danneggiamento è in corso di studio sulla base di perizie scoperte di recente. A Foligno, Trevi e Perugia si ebbero danni più lievi di quelli dei villaggi della montagna (sbilanciamento di muri, fenditure, distacchi di intonaco). Si dispone di pochi dati sull'estensione dell'area di risentimento, che comprese comunque almeno Spoleto, Tolentino e Roma.
studio di riferimento: GNDT (1994)
Gli eventi del 13 gennaio 1832 furono i maggiori in una sequenza di scosse che interessarono l'area di Foligno a partire dal 27 ottobre 1831. Il primo evento causò a Foligno danni di media entità (crolli di camini e volte, crepe) e fu seguito da leggere repliche nei giorni seguenti. Tali danni furono aggravati il 6 novembre 1831 da una forte scossa seguita da repliche minori. Il 13 gennaio 1832 due violentissime scosse a distanza di un quarto d'ora l'una dall'altra causarono danni in un'area compresa tra Assisi, Bevagna, Montefalco, Trevi e le montagne a est di Foligno. Le località maggiormente colpite durono Budino, Castellaccio e Scafali. I morti furono tra 40 e 50. Le repliche continuarono nei mesi di gennaio, febbraio e marzo, causando talvolta nuovi danni in singole località. In particolare un evento del 13 marzo causò il crollo del tetto della già lesionata basilica di S. Maria degli Angeli.
studio di riferimento: Monachesi ed. (1987)
I danni maggiori (crollo di molti edifici) verificatisi a seguito del terremoto della mattina del 14 febbraio 1838 si concentrarono nell'area compresa tra Sellano, Acera e Cerreto di Spoleto, e in due località situate nell'area montuosa ad est di Foligno (Verchiano e Val Lupo). A Foligno e Spoleto alcuni fabbricati in cattive condizioni subirono danni lievi. L'estensione dell'area di risentimento è sconosciuta. Varie repliche sono segnalate da Foligno durante la giornata e la notte seguenti e il 17 febbraio. Non è chiaro se debbano essere collegate a questo terremoto anche due forti scosse avvertite senza danni a Spoleto il 5 gennaio 1838.
studio di riferimento: Conversini et al. (1990)
Il terremoto del 22 agosto 1859 iniziò con lievi scosse avvertite per alcuni giorni a Norcia senza causare preoccupazione. L'evento principale si verificò tra le 13.15 e le 13.30 ora locale del 22 agosto. I danni più gravi si ebbero a Norcia e nelle vicine Campi, Casali di Serravalle e Capo del Colle. Danni più lievi subirono Abeto, Todiano, Ancarano, Frascaro e Visso. A Norcia circa metà degli edifici crollò e gli altri subirono danni gravi e crolli parziali soprattutto nei piani superiori. Furono particolarmente colpiti i rioni posti "sul pendio della collina verso levante e ponente" e i pochi edifici moderni - generalmente più alti della media di 6/10 m - che furono "tutti atterrati". Morirono 101 persone. L'area di risentimento si estese da Roma a Pesaro e Camerino. Le repliche proseguirono "quasi quotidianamente per circa un anno" e ce ne furono di forti a metà novembre 1859 e nel maggio 1860.
studio di riferimento: GNDT (1994)
L'Alta Valtiberina fu interessata da una serie di scosse la mattina del 26 aprile 1917. La più violenta - alle ore 10:36' - rese inabitabili il 90% delle case di Monterchi con la morte di 23 persone; i feriti furono 35. Una situazione analoga si registrò a Petretolo, Citerna, Lippiano, Lugnano, Monte Santa Maria Tiberina e Padonchia. Sansepolcro fu danneggiata gravemente mentre danni meno gravi si ebbero a Selci, Anghiari, Città di Castello, Umbertide, Montone e San Giustino. Morti e feriti furono relativamente pochi, perchè la gran parte della popolazione era all'aperto, allarmata dalle scosse precedenti. L'evento fu avvertito in numerose località umbre, marchigiane, toscane e romagnole.
All'evento principale seguirono numerose repliche, che seguitarono ad essere avvertite per una decina di giorni. Una di queste, il 27 aprile, produsse nuovi danni agli edifici già colpiti.
studio di riferimento: Castelli et al. (1996)
Il terremoto del 19 settembre 1979 colpì gravemente alcune piccole località montane della Valnerina (Civita, Chiavano, Castel Santa Maria e Trimezzo). I danni più gravi riguardarono gli edifici di antica o carente costruzione che subirono lo scollamento di pareti esterne il collasso di pareti interne e fessure alle giunzioni con il tetto. Gli edifici in cemento armato subirono solo in pochi casi danni lievi. Si ebbero alcuni morti e alcune decin e di feriti. L'area di danno medio grave si estese tra Leonessa, Accumoli, Visso, Sellano e Poggiodomo. A Norcia si ebbero alcuni crolli parziali e danni a moltissimi edifici; a Cascia molte case furono danneggiate anche gravemente, e si ebbero alcuni crolli parziali. L'evento fu avvertito in numerose località umbre, marchigiane, abruzzesi e laziali, e fu seguito da numerose repliche.
studio di riferimento: Spadea et al. (1981)
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Approfondimenti sull’argomento: Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti