Attività motoria aberrante

Le informazioni inserite in questa pagina sono a cura del Gruppo di Miglioramento Area Demenze; Anno 2018.

Wandering è un termine inglese, utilizzato nelle corrente pratica clinica, che indica l’irrefrenabile tendenza a camminare senza sosta, propria di alcuni pazienti affetti da deterioramento cognitivo. La traduzione letterale è “vagare” e spesso questo termine inglese viene sostituito da termini equivalenti nella nostra lingua, quali “vagabondaggio” o “girovagare”.

Tipicamente il paziente sembra essere in preda ad una impellente necessità di muoversi. Può manifestare questo comportamento all’interno della propria abitazione ripercorrendo più e più volte gli stessi percorsi (ad esempio gira intono al tavolo o ad una sedia), oppure può uscire dalla propria abitazione e camminare per ore. Quando questo fenomeno si verifica in luoghi all’aperto il paziente può percorrere anche lunghi percorsi o in casi più rari fare uso di mezzi pubblici (ad esempio il paziente sale in un autobus in maniera del tutto casuale per scendere ad una fermata qualsiasi o al capolinea o alla fermata da cui era salito se il percorso è circolare).

Si tratta di una “deambulazione afinalistica” ovvero di un comportamento motorio (deambulazione=cammino) che non ha apparenti finalità, ovvero è fine a se stesso.

Il paziente non è alla ricerca di un luogo o di un oggetto particolare, ma manifesta una sorta di irrequietezza motoria che lo “costringe” a dover muoversi.

 

COME SI MANIFESTA

La scorsa estate con mio marito mi recavo al mare. Una mattina si è allontanato dalla spiaggia e non siamo stati più capaci di ritrovarlo. Abbiamo quindi chiamato i carabinieri i quali hanno iniziato a cercarlo. Solo dopo diverse ore lo abbiamo ritrovato. Si trovava lungo una strada, camminava a passo lento e si guardava intorno. Quando lo abbiamo fermato ci ha sorriso totalmente inconsapevole. Non era allarmato né si era chiesto che ora fosse. Quando lo abbiamo rimproverato ci ha guardati perplesso senza capire il motivo della nostra preoccupazione. Gli abbiamo chiesto dove volesse recarsi. Lui ci ha risposto: “Da nessuna parte”.

Da alcuni giorni mia moglie cammina senza sosta. Non riusciamo a farla fermare neanche quando mangia. Gira intorno al tavolo della sala o nel terrazzo. Lo percorre svariate volte senza meta. Abbiamo provato a farla sedere, abbiamo tentato di tenerla ferma, ma si è scaraventata contro di noi con forza e ci ha picchiati.

Qualche giorno fa mi è arrivata una telefonata dai carabinieri. Mi dissero che avevano ritrovato mio marito nel parcheggio del supermercato. Erano stati chiamati da una persona, la quale si era insospettita perché vedeva mio marito girovagare per il parcheggio del supermercato e tentare di aprire lo sportello di diverse macchine. Credendo che fosse un ladro aveva chiamato i carabinieri. Sono rimasta di stucco. Lo avevo lasciato a casa di fronte la TV e con la porta chiusa. Il supermercato è a 5 chilometri da casa. Quando sono arrivata lì lui girava intorno alla macchina dei carabinieri e sorrideva alle sirene che lampeggiavano.

 

REAZIONE DEL MALATO

Il paziente affetto da wandering è “mosso” dalla necessità di muoversi. E’ piuttosto comune nell’esperienza di ciascuno di noi la necessità di “scaricare lo stress” attraverso il movimento. Nei bambini è molto frequente. Anche noi adulti a volte ne abbiamo il bisogno ( ad esempio: ”vado in palestra per sfogarmi e scaricare la tensione emotiva”). Il paziente non ha un motivo preciso, né una meta. L’unico obiettivo del wandering è camminare senza tregua. Allo stesso tempo il paziente non è in grado di inibire questo comportamento, neanche su richiesta. Ecco perché il paziente reagisce con aggressività verbale e fisica a qualsiasi tentativo da parte di terzi di “incatenarlo”, ovvero di “contenerlo”. Spesso utilizziamo questo paragone per far comprendere ai caregiver lo stato psico-fisico del paziente: immaginate di avere in una zona del vostro corpo un enorme prurito…immaginate che un vostro familiare vi blocchi e non vi consenta di grattarvi”. La persona con wandering è in questo stato: il muoversi gli procura benessere e ogni tentativo di impedirlo provoca pertanto una reazione di rabbia.

 

REAZIONE DEL FAMILIARE

Il familiare è spesso sconvolto dal wandering. Sono molte le motivazioni che provocano una reazione di sconforto nel familiare. La prima è la potenziale pericolosità del wandering. Il paziente che si allontana dalla propria abitazione può mettere a repentaglio la propria vita (ad esempio può camminare al centro della careggiata) o di altri (attraversare una strada provocando incidenti). Il familiare può inoltre credere che il wandering sia innescato da sentimenti di abbandono (“Non si trova bene nella propria casa? Per questo motivo scappa? Vuole allontanarsi dalla casa? Dalla badante? Dal coniuge?”). In altri casi il familiare può pensare che il paziente sia alla ricerca di qualcosa che non è in grado di spiegare.

Lo sconforto è inoltre alimentato dalla sensazione di impotenza che il familiare percepisce. Ogni tentativo di distrarre il paziente è spesso inutile. Ogni tentativo di fermarlo provoca reazioni rabbiose nel paziente.

Il familiare in alcuni casi può pensare che l’eccessivo movimento sia deleterio per il paziente.

 

I NOSTRI CONSIGLI

  • Il primo consiglio è di permettere, nei limiti delle possibilità, che il paziente obbedisca alla sua necessità di muoversi.
  • Stabilire se possibile dei percorsi sicuri all’interno della propria abitazione.  Un lungo corridoio da cui siano rimossi potenziali pericoli (tappeti, sedie, mobili ingombranti) è l’ideale. In assenza di ampi spazi, un percorso sicuro può essere creato anche all’interno di una piccola abitazione. Può essere sufficiente una stanza esigua senza mobili in cui sia posto un oggetto centrale (un tavolo, una sedia) in modo che il paziente possa girarvi intorno. Incollare delle frecce adesive sul pavimento che indichino una sorta di percorso può essere di ausilio. Se è presente un giardino, questo è il luogo ideale -se privo di pericoli- in cui far camminare il paziente.
  • Non ostacolare il wandering. Come già evidenziato è deleterio e pericoloso tentare di “inchiodare” il paziente ad una sedia o tentare di ostacolare il movimento.
  • E’ molto difficile distrarre il paziente. In alcuni casi si può riuscire attraverso distrazioni che simulino il movimento (ad esempio la cyclette o il tapis roulan se disponibile). In alternativa, in alcuni casi, è sufficiente far vedere al paziente dei programmi in cui è presente movimento (un treno in corsa, una gara automobilistica, una gara podistica). In taluni casi il paziente sembra ancorare la sua necessità di movimento al movimento presente sullo schermo televisivo, cessa di muoversi ed iniziare a guardare la TV.
  • Si può chiedere aiuto a strutture (centri diurni etc) che operano in questo campo. Vi sono ormai molte strutture che prevedono degli spazi sicuri (interni od esterni all’aria aperta) dedicati al paziente con wandering.