Si definisce “Aiuto di Stato” ogni vantaggio, concesso attraverso l’utilizzo di  risorse pubbliche, a un soggetto che svolgono attività economica su un determinato mercato.

L ’agevolazione considerata aiuto è quella che direttamente o indirettamente è in grado di produrre un beneficio economico all’impresa, non necessariamente sotto forma di denaro ma anche sotto forma di una  riduzione di un canone di affitto o di un prezzo di vendita rispetto al prezzo di mercato, un mutuo a tasso agevolato, uno sgravio o un’esenzione fiscale.

Il rispetto delle regole sugli aiuti di stato sono un derivato della politica europea finalizzate alla non alterazione della concorrenza tra gli stati membri.

L’ originaria base giuridica parte dalle disposizioni degli articolati i 107, 108 e 109 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Il principio cardine attorno al quale ruota tutta la normativa in materia di aiuti di Stato è che in linea generale gli aiuti di Stato sono vietati salvo alcune deroghe previste dalla Commissione europea finalizzate a:

  • ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;
  • agevolare l'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera.
  • favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all'articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;
  • promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro;
  • agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;
  • promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune;

Rientrano tra le deroghe di cui sopra anche gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti;

Di seguito vengono elencati  i 4 elementi che devono cumulativamente sussistere affinché una determinata agevolazione sia considerata aiuto di Stato:

  1. origine statale dell’aiuto: occorre che la copertura finanziaria dell’agevolazione sia attraverso risorse pubbliche;
  2. presenza di vantaggio selettivo:  per vantaggio  “selettivo” si intende il voler  favorire solo alcuni settori di imprese  e non la totalità delle imprese nazionali (es.: soltanto le imprese di una determinata zona );
  3. distorsione della concorrenza;
  4. incidenza sugli scambi.

In assenza di anche uno soltanto dei suddetti requisiti, la misura non sarà considerata aiuto di Stato e sarà quindi sottratta dal rispetto delle regole sugli aiuti di stato.

La Comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato rappresenta uno strumento pratico per l’individuazione degli aiuti di Stato. 

Come viene richiamato dalla Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato “ai fini dell'applicazione della normativa sugli aiuti di Stato, diversi enti con personalità giuridica distinta possono essere considerati come una singola unità economica”. In questo caso è tale entità che deve essere considerata beneficiaria degli aiuti.  Secondo la Commissione Europea la nozione di “unità economica” va riferita non solo al contesto, ma anche al caso specifico. Pertanto anche se le due imprese costituiscono un’impresa unica, ed il rapporto intercorrente tra loro è rilevante ai fini della determinazione della rispettiva dimensione, esse non paiono costituire un’unità economica, mancando fra loro un rapporto organico e funzionale.

Come comportarsi

Un’amministrazione può ritenere che per la natura dei rapporti intercorrenti tra due o più imprese queste costituiscano una unità economica e debbano pertanto essere considerate come un unico beneficiario, ai fini della verifica del massimale degli aiuti concedibili, a prescindere dal soggetto giuridico cui formalmente questi vengono concessi. Tale circostanza può emergere anche successivamente alla concessione dell’aiuto, comportando, se del caso, il ricalcolo e/o la revoca dello stesso.

Le stesse imprese, nel loro interesse, nel caso concorrano ad aiuti per i quali deve essere rispettato un massimale per impresa[8], sono invitate a segnalare situazioni che possano farle rientrare nell’ipotesi dell’unità economica, intesa come un insieme di società legate da un rapporto di controllo (anche attraverso persone fisiche) e da altri legami funzionali, economici e organici, che ne facciano un insieme coerente, dal punto di vista industriale e finanziario.

Alcune esemplificazioni

A puro titolo esemplificativo, sottolineando che ciascun caso dovrà essere valutato in sé, si riportano alcuni esempi di situazioni utili ad individuare o ad escludere, in linea di principio, l’ipotesi di unità economica.

Caso A

Può costituire un’unità economica l’insieme di più imprese controllate tutte –pro quota– dai membri di una famiglia, le quali concorrono, con una precisa ripartizione di ruoli, alla produzione di un prodotto finale oggetto di commercializzazione. Nessuna di tali imprese immette sul mercato i beni di propria produzione, ma questi costituiscono parti di uno o più prodotti che vengono commercializzati da una delle società del gruppo: non esiste nessuna impresa capofila o controllante, ma tutte sono controllate, congiuntamente, dai membri della famiglia.

Si consideri che tale situazione è rilevante ai fini della determinazione della dimensione delle società del gruppo, ma non realizza l’ipotesi dell’impresa unica ai fini dell’applicazione dei regolamenti “de minimis”.

Caso B

Due imprese, delle quali una controlla l’altra, la quale realizza una parte rilevante del suo fatturato (almeno il 50%?) alla controllante, possono essere considerate un’unità economica. E ciò a prescindere dal fatto che il controllo avvenga attraverso persone giuridiche o persone fisiche. Nel caso il gruppo sia costituito anche da altre imprese, solo le prime costituiscono un’unità economica, a meno che anch’esse non siano coinvolte nella fatturazione intra gruppo.

In un caso di questo tipo, probabilmente tutte le imprese del gruppo concorrono, in misura diversa e con effetti diversi per ciascuna, alla determinazione della rispettiva dimensione, mentre solo le imprese legate da un rapporto di controllo (a prescindere dai rapporti commerciali) compongono l’impresa unica.

Caso C

Si ipotizzi che l’impresa A, ai fini dell’applicazione del concetto di impresa unica, risulti, da visura sul RNA, collegata all’impresa B, in quanto quest’ultima esercita su A una funzione di Direzione e coordinamento ai sensi dell’articolo 2497-bis del codice civile, realizzando l’ipotesi di cui all’articolo 2 comma 2 lettere b) e/o c) del Regolamento 1407/2013. Tuttavia i due soci di A detengono una quota di minoranza (le quote sommate danno 45,5%) in B e le due imprese operano in due settori completamente diversi: A nel campo della progettazione e direzione lavori in edilizia e B nel campo della fabbricazione di mobili non metallici per uffici e negozi (codice primario) e del commercio all’ingrosso di articoli medicali e ortopedici (codice secondario).