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24/11/2001

SICUREZZA E LEGALITA' - TAVOLA ROTONDA SUL RUOLO DEI MEDIA - UNA GEOGRAFIA DELLA PAURA

La situazione generale della sicurezza nelle Marche, anche se i delitti sono aumentati, non deve destare allarme. Ma a questa condizione che ci colloca agli ultimi posti in Italia per indice di criminalità, non corrisponde nei cittadini un atteggiamento di tranquillità, tutt’altro. Dalle ricerche condotte da diversi istituti e studiosi emerge che nelle Marche il senso di insicurezza è molto alto. La paura è tangibile ed è cresciuta con un forte picco dal ‘98 in poi. Ieri, al termine delle sessioni tematiche, i partecipanti alla tavola rotonda presieduta da Vito D’Ambrosio, si sono interrogati sui motivi e su quanto incidessero l’informazione e i media su questo atteggiamento dei cittadini. “Gli Uffici Giudiziari, dell’Osservatorio regionale della Criminalità , il Viminale, - ha detto il presidente D’Ambrosio- a fronte di un trend generale di aumento della criminalità, sono concordi nel ritenere che nelle Marche non dovrebbe esistere allarme sociale. Ma ciò non trova riscontro nella realtà. I marchigiani hanno paura dello scippo che è un fenomeno pressochè inesistente, mentre gli incidenti stradali registrano aumenti vertiginosi. “ Gli interventi dei relatori che si sono succeduti- Piero Celani, sindaco di Ascoli Piceno, Claudio Montaldo, vicesindaco di Genova e vicepresidente del Forum Italiano Sicurezza Urbana, Vittorio Roidi, segretario nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Ilvo Diamanti, docente di Scienza Politica all’Università di Urbino – hanno analizzato le ragioni di questa particolare sensazione di insicurezza che ci avvicina al Nord-Est italiano: il 23 % dei marchigiani mettono al primo posto e il 24 % al secondo delle loro preoccupazioni, la criminalità. Mentre in altre regioni vi è, per esempio, la disoccupazione. Quindi si può dire che un marchigiano su due ha timore soprattutto dei crimini. Una ragione di questo particolare fenomeno è da ascrivere al fatto che come nel Nord-Est, in Veneto, anche da noi l’indice di disoccupazione è molto basso e quindi non diventa un motivo di timore. Claudio Montaldo : “I cittadini hanno paura dei furti, allora va analizzato quanto, rispetto al passato, è mutato il rapporto con le cose materiali, quanto ci si identifica con le cose, quanto i reati ledono i beni delle persone. Diversi gli ambienti e i contesti in cui maturano il maggior numero di delitti: ambiente in degrado e disagio sociale, ma anche caduta assoluta delle relazioni interpersonali e carenza di riferimenti sociali di aiuto. Il maggiore individualismo e l’isolamento del cittadino, la chiusura all’altro, portano insicurezza e si innesca un meccanismo di avvitamento in cui si inserisce il tema della comunicazione esasperata. Ma dobbiamo tutti interrogarci su come fare la nostra parte, i giornalisti facendo uno sforzo di riflessione e di misura sulle modalità di comunicare, i politici e le istituzioni non strumentalizzando l’informazione e coordinando le energie sul territorio. “ Vittorio Roidi: “ Se non si vuole parlare di precisa responsabilità dei giornalisti sulla sensazione di insicurezza, ma di ruolo dell’informazione, punterò io il dito sulla categoria: credo che i giornalisti debbano sentire tutta la responsabilità professionale. Facciamo un mestiere che per natura deve essere discusso dai cittadini. Inevitabile che i media siano al centro di questa tavola rotonda, perché tutto ruota attorno all’informazione. Ma la questione centrale è: che cosa ci si aspetta dal giornalista e cosa spetta al giornalista? La gente non vuole la cattiva notizia e vuole non –notizie? I vecchi maestri di giornalismo dicevano che bisognava pubblicare tutto, oggi non è così. Da alcuni casi emblematici, da alcune esasperazioni in negativo sono nate le regole di autogoverno e autodisciplina dei giornalisti , dalla Carta di Treviso sulla tutela dei minori, al Codice dei doveri. E poi la Privacy. Ma i cittadini devono interrogarsi se preferiscono essere informati o non sapere. Il buon giornalista è quello che dà la notizia, non quello che non la dà, ma deve interrogarsi sul come può darla. A questo dovere e a questa riflessione, mi sento di richiamare i colleghi. E poi una domanda provocatoria del Segretario dell’Ordine: ma se in Italia non si leggono i giornali, da dove i cittadini traggono questo senso di insicurezza…? “ Ilvo Diamanti ha iniziato il suo intervento con una serie di interrogativi: “Esiste una geografia della paura? E’ giusto sottovalutare il fenomeno della criminalità nelle Marche? ” E ancora, i reati cosiddetti minori, quelli che nelle Marche stanno aumentando, dovrebbero creare meno paura? Il dato che emerge è che non c’è una reazione proporzionale diretta tra reati minori e preoccupazione. I grandi delitti , gli omicidi efferati, paradossalmente fanno meno paura, si temono di più i delitti della quotidianità : le rapine, i furti in appartamento. Perché? Perché la casa è il luogo simbolo della sicurezza. Ma bisogna riconquistare il vero significato della parola che dovrebbe essere correlato alla qualità di vita , mentre adesso è identificato con l’incolumità personale. A questo concorrono due variabili che generano insicurezza: il grado di integrazione sociale e la sfiducia nelle istituzioni. Le persone integrate socialmente non hanno paura, chi è impegnato in associazioni di volontariato non ha paura. E più si perde il rapporto con le istituzioni, più crescono le insicurezze. Invece occorrono politiche di ricostruzione del senso di cittadinanza. Inoltre, le paure si vivono in privato, i sistemi di sicurezza che si adottano generano essi stessi paura, e si tende a delegare ai privati la difesa del cittadino che finisce per rinchiudersi sempre di più. E dentro casa i prigionieri diventiamo noi. All’interno di questo fenomeno , anche la comunicazione rischia di essere ingabbiata. “ (ad’e)