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19/07/2001

DIBATTITO SUI 100 GIORNI DEL GOVERNO. D'AMBROSIO: "LE COMPETENZE DI REGIONI E AUTONOMIE VANNO RISPETTATE

Serrato confronto tra i Presidenti delle regioni italiane su due dei più significativi provvedimenti proposti dal Governo Berlusconi per il periodo cosiddetto dei cento giorni: la delega all’esecutivo per realizzare infrastrutture e insediamenti industriali strategici in deroga alle normative vigenti (nota anche come legge obiettivo) e il Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2002-2005. Il dibattito si è svolto nel corso della Conferenza dei presidenti convocata oggi a Roma presso il Cinsedo prima della riunione Stato-Regioni-Città. La discussione sul primo disegno di legge è partita da un documento di base al quale hanno lavorato gli assessori competenti e i tecnici dei settori interessati, contenente sia valutazioni di carattere politico sulla legge e sulle sue finalità, che proposte di emendamenti. Nonostante gli sforzi di tutti, alla fine, sono stati concordati alcuni emendamenti ma sul piano politico le valutazioni sono rimaste inconciliabili: da una parte Ghigo (presidente del Piemonte e della Conferenza dei governatori regionali) insieme a Galan, Formigoni e Storace e dall’altro Errani, Lorenzetti, Bassolino e D’Ambrosio per citare alcuni dei governatori presenti. Il punto nodale politico al centro dell’acceso dibattito, non tanto le finalità della proposta di legge (tutte le regioni, infatti, vogliono accelerare le procedure e realizzare le infrastrutture di cui il Paese ha bisogno), ma gli strumenti e le modalità che si intendono utilizzare per raggiungere gli scopi prefissi. In pratica la normativa per giungere all’attuazione di alcune arterie fondamentali in materia di trasporti e collegamenti che interessano di solito più regioni, prevede che si deroghi alla legislazione vigente, saltando le competenze dei Comuni, delle Province e delle Regioni, sia in campo ambientale che territoriale. “L’impressione – ha sottolineato D’Ambrosio nel suo intervento – è che il provvedimento abbia dimenticato i principi costituzionali, il DPR 616 del ’76, le nuove Bassanini e anche i pronunciamenti della Corte. Vi sono pertanto legittime preoccupazioni che le competenze poste in capo a Regioni ed Autonomie per governare lo sviluppo del territorio vengano dissolte. Si saltano incomprensibilmente persino le disposizioni del nuovo Testo Unico dei poteri locali varato nel 2000, che ha sostituito quello del periodo Giolittiano del 1915. Non dobbiamo dimenticare, tra l’altro, che il Comune è posto al centro delle politiche di governo del territorio. In queste condizioni vi è il fondato rischio che la normativa venga impugnata presso la Corte costituzionale e decada.” Il presidente della Regione Marche ha inoltre affermato che il peso che le Regioni avrebbero nel meccanismo previsto dal disegno di legge nell’ambito del CIPE, sarebbe assolutamente insignificante. D’Ambrosio ha pertanto invitato a puntare su una intesa istituzionale di programma che ha dato buoni frutti per Marche e Umbria, ad esempio, nel dopo sisma. Tale meccanismo prevede, di fatto, una codecisione tra Governo e Regioni. “Il dato di fondo – ha concluso D’Ambrosio – è che occorre invertire la logica del provvedimento: prima si salvaguardino le competenze, senza espropriare Sindaci e Regioni, e poi si stabiliscano tutte le semplificazioni possibili ed utili per raggiungere più celermente gli obiettivi”. Da rimarcare che nel dibattito sono emersi altri due gravi rischi nelle deroghe previste alla Legge Quadro sui Lavori Pubblici: l’eccessiva autonomia riconosciuta al “Contraente generale” nella progettazione e nella realizzazione delle opere e l’estrema discrezionalità attribuita all’Amministrazione pubblica nel riconoscere al concessionario, anche in corso d’opera, un’aggiunta, senza limiti massimi, al prezzo di sfruttamento economico, impedendo così la definizione preventiva dei costi d’opera. Meno problematiche sono risultate le cose in materia di DPEF, dove le Regioni hanno trovato punti d’incontro su due nodi molto sentiti: l’autonomia tributaria (federalismo fiscale) e la sanità. Sul primo delicato aspetto, il documento governativo prevede l’abolizione dell’IRAP e una compartecipazione all’IRPEG (le imposte pagate dalle persone giuridiche, in particolare le imprese). Le Regioni chiedono invece un tributo forte che dia visibilità e senso al federalismo fiscale, come è avvenuto per i Comuni con l’ICI. In materia di sanità le Regioni stimano il fabbisogno del Fondo nazionale in 150 mila miliardi. Per il 2001 esso si profila intorno ai 140 mila miliardi (9 mila in più rispetto alle somme ripartite). Al Governo viene inoltre avanzata la richiesta di aggiornare l’accordo dell’agosto 2000, in particolare per quanto concerne la quantificazione dei finanziamenti occorrenti per gli anni 2000 e 2001. Se per quest’anno, come si è detto, il maggiore fabbisogno è di 9 mila miliardi circa, quello per l’anno precedente è stato stimato in 7 mila miliardi.