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13/03/2008

GIOVANNI MORO, QUEGLI ANNI AL CROCEVIA

Sono state le ottanta cartelle piu` lunghe della mia vita ha detto lautore del libro, Giovanni Moro Tutte incentrate sullunica volonta` di aprire una discussione dedicata ai piu` giovani, dedicate a chi non ricorda, a chi quegli anni Settanta non li conosce affatto. Se vogliamo un futuro infatti, dobbiamo anzitutto ricostruirci un passato vero, reale, trasparente. Ora, sono consapevole che questi ricordi sono assolutamente difettosi, insufficienti. Che esiste un buco nero nella memoria collettiva. Ecco, il mio libro vuole colmare questa lacuna senza la pretesa di mettere ordine nei fatti, tanto meno nelle questione politiche della storia. Piuttosto, il mio lavoro vorrei costituisse un contributo, un messaggio. Poiche` farsi una ragione di quegli anni Settanta, pensarci non come se fossero finiti ieri, ma rendersi conto davvero che sono passati 30 anni, questi si` sono problemi di chi cera e di chi non cera. Giovanni Moro non ha voluto, nel suo intervento, entrare nei dettagli della narrazione degli anni di tempesta, degli anni del Capo di Buona Speranza, quel passaggio burrascoso cioe`, dagli anni al crocevia, fra i Settanta e gli Ottanta. Ne` ha citato suo padre, non ce nera bisogno in una platea cosi` attenta, partecipe. Gli ha fatto eco, spiegando molte motivazioni recondite del libro, il sociologo Ilvo Diamanti: LItalia e` uno strano Paese, dove alle segrete e smodate passioni per i carnefici si alterna lingiustificato disprezzo per le vittime. E ancora peggio, la dimenticanza dei fatti. Qui, la politica spesso resta alla finestra, incapace di essere protagonista in tutte le cose. Oggi, e` diverso: la politica entra in tutte le cose, nella vita. Questo libro mi ha messo a disagio ha concluso Diamanti perche` ci fa rifare i conti con un decennio critico, scava nei silenzi, nella vergogna, nella nostalgia.