Ogni euro prodotto da un museo o da un sito archeologico si traduce in altri due euro di ricchezza per il territorio. L’artigianato artistico insieme alle altre industrie creative ne generano ulteriori 2,1. La produzione di un audiovisivo, di un libro o di una rappresentazione teatrale altri 1,2. Quindi, investire in “cultura” conviene. E’ quanto mostrano le elaborazioni contenute in “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, il Rapporto realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere, con la collaborazione e il sostegno dell’Assessorato regionale alla cultura, presentato oggi a Macerata nell’Aula Magna dell’Università.
“La collaborazione della Regione Marche con Symbola e Unioncamere alla realizzazione di questo rapporto – commenta l’assessore alla Cultura della Regione Marche, Pietro Marcolini - fa parte di una strategia di sviluppo a base culturale. Ed è ormai innegabile che il motore di sviluppo economico sia a traino culturale e la posizione virtuosa delle Marche- dalle industrie di questo comparto arriva, infatti, oltre il 6% del valore aggiunto della nostra economia, incidenza per la quale siamo secondi soltanto al Lazio- ci conforta e ci stimola a continuare nel percorso avviato. Sono maturi i tempi perché si dia valore programmatico e strategico alla Cultura a livello di politica economica centrale. La Cultura – al di là dell’ottima integrazione con il Turismo – dovrebbe servire da collante per un programma di Governo che attraversi tutti i settori della spesa, come asse prioritario per intrecciare in un “pensiero unico” il culturale in senso stretto , con l’economico e il sociale e abbracci una mentalità che metta in connessione le reti produttive insieme a strumenti di incentivo o di politiche del lavoro e dell’occupazione . Come ci mostrano i dati le imprese culturali giovani sono in espansione e questo significa anche occupazione. Occorre parlare di riorganizzazione sociale, non più settoriale, ma integrata e costruire un paradigma insieme ai territori, alle Regioni, allo Stato e all’Europa. A tale proposito c’è un problema di coordinamento dei Fondi nazionali ed Europei che andrebbero ricondotti su una progettazione trasversale che comprenda Formazione, Industria, Sociale e Cultura, in modo da reindirizzare le risorse verso la parte espansiva e creativa. Nelle Marche - ha poi affermato – abbiamo tracciato una linea di riorientamento a indirizzo unitario di tutti gli interventi a matrice culturale, poggiando su tre priorità operative, con la candidatura di Urbino a capitale europea della cultura, la partecipazione delle Regioni all’Expo 2015 di cui il Presidente Gian Mario Spacca è coordinatore nazionale, la programmazione delle risorse comunitarie nella fase ascendente con Europa Creativa.” Quindi Marcolini ha ricordato l’avvio del progetto del Distretto culturale evoluto delle Marche, il cui primo avviso pubblico, chiusosi recentemente (21 giugno), ha registrato la presentazione di ben 20 progetti d’interesse regionale.
I dati evidenziano che le Marche hanno 13.186 imprese culturali ( 2,9% del totale nazionale) che incide per il 7,5% sull’insieme delle aziende della regione con un incremento del 3,8 % superiore al dato nazionale del 3,3%. Le imprese culturali rappresentano il 75% del totale regionale contro il 67,6 della emdia nazionale. In questo ambito l’artigianato pesa per il 32,1%. La localizzazione : Pesaro Urbino e Ancona concentrano oltre la metà delle imprese del sistema produttivo culturale con una quota molto elevata di imprese creative per Pesaro-Urbino con quasi 4 su 5. Le imprese culturali marchgiane sono mediamente più giovani ( 11,5% contro il 10, 8 della media nazionale) e a maggior presenza femminile con un 25,6% rispetto al 23,1 della media nazionale. Le Marche sono anche la prima regione in Italia per quota di spesa turistica attivata dalla componente culturale, pari al 49,9% ( 872 milioni di euro) dove il dato medio nazionale è del 36, 5%
L’analisi d Symbola evidenzia che i 4 comparti che compongono il sistema produttivo culturale hanno differenti ricadute in termini economici sui territori. Queste ricadute moltiplicano la
capacità di generare ricchezza del settore in quanto attivano un circuito “virtuoso” di produzione di beni e servizi anche in comparti non prettamente culturali. Primo tra tutti il turismo, ma anche il commercio, i trasporti, le attività immobiliari, il marketing o la pubblicità. La media dei 4 settori è 1,7 (per ogni euro di valore aggiunto che l’intero sistema produttivo culturale realizza, se ne generano altri 1,7 in prodotti e servizi di varia natura), ma il “moltiplicatore” è compreso tra un massimo del 2,1 generato dalle industrie creative a un minimo dell’1,2 derivante dalle performing art e dalle industrie culturali. Esattamente a 2, invece, ammonta quello prodotto dalla gestione del nostro immenso patrimonio storico-culturale. In termini monetari, gli 80,8 miliardi di euro di valore aggiunto realizzati da tutti i comparti produttivi che si occupano di “cultura”, nel 2012 sono riusciti ad attivare quasi 133,4 miliardi di euro, arrivando così a costituire una filiera culturale intesa in senso lato di 214,2 miliardi di euro, equivalenti al 15,3% del Pil prodotto dall’intera economia italiana.
“Nel mondo c'è una domanda di qualità che l'Italia sa intercettare - commenta Fabio Renzi, Segretario generale di Symbola - Fondazione per le qualità italiane –. Non a caso quando l'Italia fa l'Italia e scommette su innovazione, ricerca e green economy e le incrocia con bellezza, qualità, legame con i territori, con la forza del made in Italy, è un Paese forte capace di competere sui mercati internazionali. “
Il rapporto è stato presentato da Claudio Gagliardi, segretario generale di Unioncamere che ha sottolineato come !il sistema produttivo culturale rappresenta la vera ‘filiera territoriale’: quella che produce all'interno del territorio nazionale e moltiplica benessere per i territori, secondo una logica di rete che coinvolge tanti piccoli e medi imprenditori, anche del mondo del non-profit.”
“L’integrazione di turismo e cultura può significare la condensazione delle tante risorse - materiali e immateriali – a nostra disposizione in un disegno di sviluppo qualitativamente virtuoso, organico e sostenibile”, ha detto Simonetta Giordani, Sottosegretario Ministero Beni e Attività culturali, intervenendo al convegno. “Si tratta di una strategia che è anche quella del governo che, come ha spiegato il Presidente del Consiglio in occasione del suo insediamento, intende rilanciare la capacità competitiva italiana sfruttando appieno la cultura nelle sue innumerevoli manifestazioni e declinazioni. Le molte risorse che il Paese può vantare (artistiche, enogastronomiche, manifatturiere) offrono al turismo nuove, significative opportunità di affermazione. Come si ricorda spesso, ‘l’Italia deve fare l’Italia’: è attraverso una più marcata caratterizzazione del proprio profilo e delle proprie ricchezze che il Paese può esercitare un ruolo davvero competitivo sul mercato internazionale”.
Cosa si intende per cultura? Il cuore della ricerca sta nel non limitare il campo d’osservazione ai settori tradizionali della cultura e dei beni storico-artistici, ma nell’andare a guardare quanto contano cultura e creatività nel complesso delle attività economiche italiane. Attraverso la classificazione in 4 macro settori: industrie culturali propriamente dette (film, video, mass-media, videogiochi e software, musica, libri e stampa), industrie creative (architettura, comunicazione e branding, artigianato, design e produzione di stile), patrimonio storico-artistico architettonico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), e performing art e arti visive (rappresentazioni artistiche, divertimento, convegni e fiere). Al corpo centrale della ricerca è stata inoltre affiancata anche un’indagine su tutta la filiera delle industrie culturali italiane, ovvero quei settori che non svolgono di per sé attività culturali, ma che sono altresì attivati dalla cultura. Una filiera articolata e diversificata, della quale fanno parte: attività formative, produzioni agricole tipiche, attività del commercio al dettaglio collegate alle produzioni dell’industria culturale, turismo, trasporti, attività edilizie, attività quali la ricerca e lo sviluppo sperimentale nel campo delle scienze sociali e umanistiche.
Il moltiplicatore della cultura L’effetto moltiplicatore calcolato da Unioncamere e Symbola è massimo nel caso delle industrie creative (2,1). A livello territoriale, l’effetto del moltiplicatore complessivo del settore produttivo culturale è massimo nelle due ripartizioni settentrionali (1,8), pari alla media nazionale nel Centro (1,7), inferiore nel Mezzogiorno (1,2). Il Friuli Venezia-Giulia è la regione che meglio riesce a far “fruttare” il patrimonio culturale di cui dispone: la ricaduta sull’economia locale della produzione di cultura è pari a 2,1. Segue il Veneto (2), quindi pari merito a 1,9 la Toscana, la Lombardia e le Marche. Da segnalare sul fronte opposto i più contenuti effetti del sistema culturale in Sardegna e Calabria (0,9) e nel Molise (1). Quanto “pesa” la cultura in Italia Il sistema produttivo culturale nella sola componente privata frutta al Paese il 5,4% della ricchezza prodotta, equivalente a quasi 75,5 miliardi di euro, e dà lavoro a quasi un milione e quattrocentomila persone, ovvero al 5,7% del totale degli occupati del Paese.
Geografia della cultura. L’intreccio tra bellezza, creatività, innovazione, saperi artigiani e manifattura ha fatto di Arezzo la propria capitale. La provincia aretina si conferma al primo posto sia per valore aggiunto, che per occupati legati alle industrie culturali (rispettivamente 8,4% e 9,9% del totale dell’economia). Nella classifica provinciale per incidenza del valore aggiunto del sistema produttivo culturale sul totale dell’economia, seguono Pordenone (8,2%), Pesaro e Urbino (8,1%) e Milano (7,9%). Quindi Vicenza con il 7,8%, Treviso al 7,5%, Roma a quota 7,4%, Macerata al 7% ed altre province.
Dal punto di vista dell’incidenza dell’occupazione del sistema produttivo culturale sul totale dell’economia, come detto prima, è sempre Arezzo la provincia con le migliori performance. Ma subito dopo si incontrano Pesaro e Urbino (9,6%), Vicenza (9,0%), Pordenone (8,6%), Treviso (8,5%), Macerata e Pisa (7,9%). Davanti a Milano (7,7%), Firenze (7,5%), e Como (7,4%).
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