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14/11/2003

"Il passaggio generazionale nelle Piccole e Medie Imprese"- seminario di approfondimento. MARCHE, REGIONE AD ALTO RISCHIO "GENERAZIONALE" La struttura demografica della nostra impresa è "anziana", seconda solo al Friuli Venezia Giulia. .

I figli e i nipoti di coloro che hanno fatto delle Marche un modello da esportare allestero, sembra non abbiano voglia di seguire il mestiere dei padri o lo spirito giusto per condurre le aziende di famiglia, quelle che hanno costituito dagli anni Sessanta lossatura del nostro sviluppo economico. Le motivazioni più immediate e meno analitiche di questo fenomeno stanno sia nellalto indice di scolarizzazione, sia nellorientamento verso altre e nuove professioni, sia nella scarsa propensione ai sacrifici che la titolarità di una ditta comporta inevitabilmente. E così siamo la seconda regione, dopo il Friuli Venezia Giulia, per indice di anzianità dei titolari di impresa. Infatti, nel 2002, secondo i dati dellarchivio Cerved, il peso percentuale delle ditte individuali con titolari oltre i 50 anni è di 7,3 punti, collocandoci ben sopra la media nazionale. La struttura demografica della piccola media impresa marchigiana, cresciuta in età - le ditte individuali con titolari di oltre 50 anni sono salite in cinque anni di 14 punti percentuali, la variazione più rilevante tra tutte le regioni italiane e doppia della media nazionale- mostra elevati livelli di rischio generazionale, tra i più alti in Italia, per caratteri di sviluppo e tipologia di specializzazioni produttive. Sono le informazione e i dati più interessanti, emersi dallanalisi condotta e illustrata da Marco Cucculelli, dellUniversità Politecnica delle Marche , nel corso del seminario Il ricambio generazionale nella PMI marchigiana organizzato dallassessorato regionale alla Formazione e al Lavoro e dallARMAL e tenutosi oggi in Regione, presso la Sala Verde. Lelaborazione dei dati secondo metodologie UE, induce a considerare a rischio transizione circa un quarto delle piccole medie imprese marchigiane e un quinto degli addetti. A causa del passaggio generazionale, sono le piccole e piccolissime imprese ad essere a rischio di cessazione, cioè quelle con meno di tre addetti e quelle tra dieci e quindici addetti. Infatti solo il 30% delle imprese familiari continua la sua attività economica dopo il primo passaggio generazionale; di queste un ulteriore 50% cessa la sua esistenza al passaggio dalla seconda alla terza generazione e il 70% delle sopravvissute riesce ad uscire indenne dallavvicendamento. Gran parte delle imprese coinvolte dal mancato avvicendamento sono nel settore manifatturiero, mentre il commercio raccoglie una quota più limitata. Abbiamo voluto organizzare questo seminario - ha detto lassessore al Lavoro, Ugo Ascoli in apertura dei lavori- perché siamo consapevoli che largomento del ricambio generazionale rappresenta un problema davvero fondamentale, su cui riflettere approfonditamente e sviluppare progetti comuni. Un tema tanto considerevole che, insieme a quello sui giovani nel mercato del lavoro - oggetto del prossimo seminario del 21 novembre- occuperà una sezione specifica del nuovo Piano triennale delle Politiche attive del lavoro 2004-2006. Certo, cè ancora molto da fare- ha aggiunto Ascoli e ci impegneremo su questo aspetto. Per uscire dallarea di rischio occorrono piani di sviluppo strategico delle imprese e definizioni dei fabbisogni formativi, così come misure specifiche che , peraltro, abbiamo già attivato nellambito delle politiche formative, per favorire linserimento di giovani laureati nelle aziende. A tale proposito, sul profilo formativo dellimprenditore è necessario progettare piani a medio lungo periodo, per risvegliare la molla del fare impresa, individuando le volontà e i talenti imprenditoriali ,ma anche coinvolgendo, fin dalla scuola superiore, chi è interessato a creare imprese o a rilanciare quelle esistenti. Anche perché gli studi ci indicano che unimpresa che rinasce dalla vecchia ha molta più capacità di resistenza sul mercato che non una nuova. (ade)