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09/06/2003

IMMIGRAZIONE: QUADRUPLICATA IN DIECI ANNI LA PRESENZA DEGLI STRANIERI NELLE MARCHE

Sono 41.562, quasi tre su cento abitanti, gli immigrati che risiedono nella regione: una presenza che, nel decennio 1991-2000, si è quadruplicata, facendo registrare il più alto tasso di crescita tra tutte le regioni italiane. Il fenomeno appare stabile e in costante crescita, tanto da ipotizzare che le presenze reali sfiorino le 50 mila unità. E’ uno dei dati più significativi emersi durante la prima Conferenza regionale sull’immigrazione, apertasi oggi al Palacongressi di San Benedetto del Tronto. A fornirlo è il sociologo Emmanuele Pavolini, ricercatore presso l’Università Politecnica delle Marche, che, per conto della Regione Marche, ha coordinato l’indagine sul fenomeno dell’immigrazione nelle Marche. Sul piano geografico, la provincia con il maggior incremento è Macerata, che ha fatto registrare un tasso annuo di crescita del 18 per cento; Macerata è anche la provincia con la maggiore percentuale di immigrati (3,8 per cento), mentre quella di Ascoli Piceno presenta il valore più contenuto (2,2 per cento); nella media regionale Ancona e Pesaro –Urbino, con il 2,7-2,8 per cento di presenze. Tutti i comuni, ad eccezione di Montedinove, in provincia di Ascoli, registrano arrivi di stranieri che, in generale, si concentrano nei piccoli centri e nelle aree collinari dell’entroterra fabrianese, pesarese e maceratese. Piuttosto scarsa,invece, la percentuale di residenti stranieri nei comuni capoluogo: un dato che appare in netta controtendenza rispetto a quello nazionale. Le donne rappresentano il 44 per cento degli immigrati. Piuttosto alta è la percentuale di minori, uno su quattro. La maggior parte degli immigrati “sceglie” le Marche per motivi di lavoro. Tra le altre motivazioni di soggiorno, il ricongiungimento familiare e, in misura minore, le esigenze di studio. Circa la metà degli stranieri risiede nella regione da più di cinque anni. Per quanto riguarda la provenienza, la presenza più consistente, è costituita, nell’ordine, dagli albanesi (17,2 per cento) e dai marocchini ( 15,2 per cento); seguono i macedoni (quasi il 10 per cento), i tunisini ( 5 per cento) e i rumeni ( 4 per cento). In totale, nelle Marche sono presenti stranieri provenienti da oltre 150 nazioni. Sul piano della fede religiosa il gruppo più numeroso è formato dai mussulmani (43 per cento), seguito dai cristiani non cattolici. Per quanto riguarda l’inserimento lavorativo, su oltre 21 mila lavoratori immigrati nel 2001 circa 800 risultavano disoccupati, il 4 per cento della forza lavoro, la più bassa percentuale fra quelle registrate in tutte le regioni italiane. Altro elemento interessante: un’impresa su sei dà lavoro ad almeno un immigrato, ma il valore cresce al 20 per cento nel settore dell’industria. “Un dato estremamente significativo – rileva Pavolini - che dimostra come l’economia marchigiana riesca ad assorbire relativamente bene la forza di lavoro presente sul territorio”. L’analisi evidenzia una serie di dati positivi, accanto a problemi, anche rilevanti, ancora irrisolti. Sotto il profilo dell’inserimento sociale, non si registrano particolari forme di ghettizzazione: “Le scuole – spiega Pavolini - stanno diventando sempre più multietniche e l’interazione fra nuovi arrivati e residenti ha raggiunto un livello soddisfacente”. Nell’anno scolastico 200-2001, gli alunni stranieri nelle Marche rappresentavano il 3 per cento degli studenti di ogni ordine e grado: un dato che colloca le Marche al terzo posto fra le regioni italiane. Piuttosto stabile e omogeneo è il radicamento sul territorio, come dimostra l’alta presenza di coniugati, specialmente con figli, di minori, e di residenti per motivi di ricongiungimento familiare. Altrettanto soddisfacenti il grado di inserimento lavorativo, come si evince dal basso tasso di disoccupazione, specie nella piccola e media impresa; da migliorare la rete di servizi e di interventi sul territorio, peraltro già attivata dalle istituzioni con risultati apprezzabili. Altro aspetto positivo è la mancanza di fenomeni di ostilità da parte della popolazione locale. Tra i problemi da affrontare, il più rilevante è la difficoltà di trovare un’abitazione, specie nei comuni più grandi. Il forte aumento del numero di minori non accompagnati, ben 241 nel 2002, rischia di mettere in seria difficoltà i Comuni che hanno l’obbligo di prendere in carico i minori. Anche in ambito scolastico non mancano problemi, soprattutto per la difficoltà – rileva Pavolini – di un approccio interculturale, ma anche linguistico- pedagogico. Per quanto riguarda i servizi sanitari, rilevanti sono gli aspetti relativi all’accesso ai servizi, all’informazione e alla formazione del personale sanitario. Nel settore del lavoro, nonostante il buon inserimento, dall’indagine si rilevano alcuni punti critici, quali la scarsa formazione professionale e la segregazione in alcune attività del terziario (pulizie, servizi alla persona) delle donne immigrate. Un ulteriore problema è rappresentato dalla prostituzione e dalla difficoltà di usufruire di alternative alla detenzione. Da qui la necessità di un più stretto raccordo istituzionale, al fine di potenziare servizi e attività di sostegno.