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19/05/2003

EMIGRAZIONE DEI MARCHIGIANI IN EUROPA. LA COSTITUZIONE EUROPEA STABILIRA’ DIRITTI UGUALI PER TUTTI. IL 15 GIUGNO IL PRIMO APPUNTAMENTO CON IL VOTO ALL’ESTERO. CAMBIA IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI E DEGLI ORGANISMI DI RAPPRESENTANZA

Bruxelles - 4 milioni e 600 mila cittadini dell’Unione Europea non vivono nel loro Paese d’origine, ma sono emigrati nei diversi Paesi europei. Di questi, circa 2 milioni sono italiani. Un dato, che si riferisce solo ai cittadini maggiorenni e non tiene conto della Svizzera. Una realtà che fa concludere che l’Italia è la prima ad essere interessata al fatto, che i lavori della Convenzione europea si concludano positivamente. Di questo si è parlato nel corso di un Convegno, svoltosi a Bruxelles, che ha riunito, presso la sede delle Regione Marche, le Associazioni dei marchigiani in Europa. Iniziativa assunta dalla Federazione delle Associazioni tra gli Italiani all’estero, presieduta dall’on. Renato Bastianelli. Due le relazioni, che hanno animato il ricco dibattito: quella del prof. Giancarlo Vilella (docente universitario e consulente del Parlamento Europeo) e della prof. Elisabetta De Costanzo (Università di Berlino e del CGIE, l’organismo di rappresentanza degli emigrati, presieduto dal Ministro degli Esteri). Un incontro, a cui hanno partecipato il presidente della Consulta regionale per l’Emigrazione, Emilio Berionni e amministratori a livello provinciale e comunale: tra gli altri, il sindaco di San Costanzo Giuliano Lucarini, quello di Mondolfo Vittoriano Solazzi, il presidente del consiglio provinciale di Pesaro-Urbino Martino Panico e l’assessore della provincia di Macerata Mauro Riccioni. Vilella ha parlato della Convenzione Europea, in particolare l’aspetto dei Diritti dei cittadini, che “diventano giuridicamente vincolanti”, quindi “uguali per tutti”: nascerà infatti un nuovo Trattato, una Costituzione che darà vita a un nuovo soggetto politico, il “cittadino europeo nel vero senso del termine”, che non risentirà di alcuna discriminazione, in qualunque Paese dell’Unione decida di vivere. Le ripercussioni pratiche: uguaglianza di trattamento a livello sanitario, pensionistico, nei concorsi, compresi quelli pubblici, sulla proprietà, diritto di petizione davanti al mediatore europeo (il corrispondente del difensore civico), il diritto di dialogare direttamente con le Istituzioni europee e nella propria lingua di appartenenza. E, il cittadino europeo si realizzerà attraverso la partecipazione politica, concorrendo a formare le leggi. Un processo, complesso e difficile, destinato a modificare il modo di essere sia delle Associazioni degli emigrati, che dei suoi organi di rappresentanza: il CGIE e i Comites (a livello consolare). Entrambi, fondamentali per accompagnare e garantire questo processo e favorire la crescita di una nuova cultura europea, che tutti, ma in particolare gli emigrati, sono “chiamati a costruire”. E, i tradizionali temi della difesa di lingua e cultura, sono ritornati nel dibattito, assumendo una nuova impostazione. Nella sua relazione, Elisabetta De Costanzo, si è occupata delle riforme di Comites e CGIE, in particolare il ruolo di quest’ultimo è strategico perché detterà le politiche dell’emigrazione e, soprattutto terrà le fila dei rapporti dei diversi livelli istituzionali italiani (Governo, Regioni, Enti locali) con le comunità all’Estero. E non c’è dubbio che la questione del “voto all’estero” (votazione per corrispondenza, approvata nel dicembre del 2001) è un tema centrale, perché deve passare alla sua fase pratica. Il primo appuntamento è con il referendum del 15 giugno e, proprio su questo si è soffermata la De Costanzo, che ha detto che c’è un grande ritardo del nostro Governo, le schede non sono state ancora stampate, non è partita l’organizzazione, senza contare che l’annoso problema dell’anagrafe degli italiani all’estero, torna di grande attualità: non c’è concordanza di dati tra Ministero degli Interni e le sedi consolari. Affermazione che si commenta da sola, sul lavoro che bisogna ancora fare per rendere veramente concreto un diritto costituzionale. Bastianelli e Berionni, nei loro interventi, hanno parlato del ruolo dell’Associazionismo, di come deve mutare, e anche, di come occorra adeguare la legislazione sui marchigiani all’estero, alla luce delle profonde differenze tra le diverse realtà. Tutti questi temi sono stati ripresi in un ordine del giorno approvato a conclusione dei lavori. (e.r.) Marchigiani in Europa L’ emigrazione marchigiana in Europa si fa strada a partire dal secondo dopoguerra, quando crollano gli espatri oltre Oceano e, in particolare, nella meta preferita, l’Argentina. Esaminando due periodi del dopoguerra, questa la situazione, percentuale, degli espatri marchigiani: 1959/64–Svizzera (49%), Germania (28%), Lussemburgo (7%), Francia (5%). 1969/74-Svizzera (61%), Germania (12%), Lussemburgo (5%), Francia e Belgio, entrambi con un 4%. Alcuni dati, che si riferiscono alla presenza oggi dei marchigiani nei diversi Paesi europei: Germania (15 mila), Francia (12 mila), Svizzera (9 mila), Belgio (6 mila), Lussemburgo (oltre 2 mila). Libertà. Quella della Montecatini e quella dei minatori. Una dichiarazione di un emigrato in Belgio tratta da un Convegno, svoltosi a Cagli circa 30 anni fa. “Il Governo italiano ha abbandonato a sé stessi gli emigranti, li ha lasciati morire nelle miniere del Belgio o in quelle di altri Paesi. Quelli che sono riusciti a tornare sono degli invalidi in età anche giovanissime. Il Governo ha sempre prestato particolare interesse alle rimesse e non al rientro degli emigrati....Io sono di Pergola e ho pagato, come tanti, con l’emigrazione, la chiusura della miniera di Cabernardi, dove lavoravano circa 2.000 operai. Questa è stata la libertà di cui abbiamo potuto godere. La Montecatini è stata libera di chiudere la miniera e noi abbiamo avuto la libertà di emigrare”. I lavoratori di Cabernardi, chiusa nel 1956, sono andati a lavorare nelle miniere del Belgio, Lussemburgo, Francia. Alcuni, invece, in uno stabilimento dell’ENI, a Pontelagoscuro in provincia di Ferrara.