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28/02/2003

DONNE IN CAMMINO. UN’INDAGINE SULL’ESPERIENZA FEMMINILE NEL SISTEMA PENITENZIARIO.

Nelle Marche ci sono 6 Istituti pentenziari e una Casa Mandamentale (carcere a bassissima sorveglianza), non ci sono Istituti Femminili, ma 2 Sezioni femminili attive, a Pesaro e a Camerino. Dal giugno al novembre 2002 erano 94 le donne coinvolte nel circuito penitenziario: 22 in carcere, le altre, agli arresti domiciliari, affidamento, semilibertà. A questo universo femminile, certamente non numeroso, decisamente inferiore a quello maschile (circa 800 solo i carcerati) è dedicata l’indagine presentata in Regione, nell’iniziativa “DONNE IN CAMMINO”. Delle 94 donne: il 56% ha un’età inferiore ai 35 anni, il 60% di nazionalità italiana, il 15% extraeuropea, il 66% alla prima esperienza in carcere, l’80% con una permanenza di meno di 6 mesi (il 45% fino a 90 giorni), il 68% un titolo di studio non superiore alla scuola dell’obbligo. Sul reato: il 40,43% è legato allo spaccio-detenzione di stupefacenti. A questi dati freddi, l’indagine affianca un’analisi sull’esperienza di vita queste donne e sulle loro aspettative. Emerge con forza lo specifico femminile. Intanto per ragioni oggettive: l’esiguità del numero e i periodi brevi di detenzione rendono difficili interventi tradizionali (corsi, tirocini, ecc..), più facili da realizzare per la popolazione maschile. A livello nazionale, le donne sono il 5% del totale dei detenuti: si tende ad investire sui grandi numeri. La donna è più danneggiata da una imputazione, è la figura che tiene insieme i legami affettivi, il referente di quelli familiari: quando viene privata della libertà, soffre il distacco, soprattutto dai figli, con maggiore intensità degli uomini. Molte hanno alle spalle storie di violenze familiari e, ricostruire un sistema di relazioni affettive, non è facile. L’indagine infatti sottolinea che le donne aspirano soprattutto a ricostruire un tessuto affettivo (gli uomini sono maggiormente concentrati sul lavoro). Il questionario è stato realizzato sulla base del modello del “bilancio di competenza”, cioè quanto ha inciso la vita privata sul bilancio della propria vita scolastica, lavorativa, formativa: si vedono tutte le difficoltà di inserimento nella normalità della vita, per cause familiari. Il dibattito – hanno preso la parola assistenti sociali, psicoterapeuti, operatori di penitenziari – ha affrontato diverse questioni. Intanto l’importanza della prevenzione, visto che la storia di molte donne era già “ai margini” prima del crimine, quindi devono funzionare i rilevatori del disagio sociale, le strutture sul territorio. Occorre inoltre pensare a dei percorsi particolari per seguire i casi fino al completo reinserimento nella società. Ma bisogna considerare almeno due problemi: una insufficiente presenza degli educatori all’interno del sistema penitenziario (da anni sono in diminuzione perchè non vengono rimpiazzati) e uno scarso rapporto tra l’assistente sociale dell’Istituto di pena e quello dell’ente locale, che prende in carico la persona che esce dal sistema penitenziario, insomma bisogna garantire una continuità tra operatori che fanno riferimento a due amministrazioni diverse. Importante è il ruolo del volontariato che assolve a tantissimi, anche piccoli compiti, dal soddisfacimento dei beni elementari, alle relazioni con le famiglie, a seguire lo stesso iter giudiziario. Nel suo intervento l’assessore alla Formazione professionale Ugo Ascoli ha sottolineato che il Piano socio-assistenziale del 2000 si occupa di tutti i tipi di disagio, da quello conclamato a quello “del vivere”, è entrato nella fase operativa con i Piani di zona devono essere presentati entro aprile. Gli Uffici di promozione sociale dovranno operare come dei veri e propri sportelli in grado di informare e orientare. Inoltre il Piano di formazione 2003 si occuperà di costruire percorsi formativi specifici per gli immigrati e la popolazione in stato di disagio. Certo, ha detto, se non riusciremo a smuovere il Governo da quel taglio del 55% di fondi alle politiche sociali, gli interventi si ridurranno e si creerà una competizione tra problematiche, rischiando di non arrivare dappertutto. (e.r.)