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11/10/2002

Gli indirizzi del Comitato delle Regioni d’Europa sul futuro della politica di coesione - D’AMBROSIO: RIPROGRAMMARE CON EQUILIBRIO I FONDI STRUTTURALI

Ripensare la strategia della politica di coesione nell’UE allargata tenendo conto delle esigenze di crescita dei nuovi paesi, senza però interrompere l’effetto dei fondi strutturali sugli squilibri tuttora esistenti negli attuali Stati membri. E’ il filo conduttore a cui si è ispirato il Comitato delle Regioni (CdR) nel votare il parere elaborato dal presidente della regione Marche, Vito D’Ambrosio, relatore sul tema della coesione economica e sociale. Nel predisporre i nuovi criteri – ha spiegato D’Ambrosio – dobbiamo sforzarci di realizzare un equilibrio tra la solidarietà che occorre promuover verso i paesi più poveri, quelli entranti, e la necessità di mantenere una politica di coesione tra aree forti e aree deboli nell’Europa attuale. Il parere illustrato dal presidente del governo regionale delle Marche alla 46° Assemblea plenaria del CdR è stato elaborato per rispondere ad una specifica comunicazione della Commissione europea sulla politica di coesione, che ha chiesto espressamente di consultare quella che può essere chiamata la Camera delle regioni e delle autonomie locali nelle istituzioni europee. I risultati finora raggiunti nelle politiche di riequilibrio sono stati valutati positivamente dal documento, anche se permangono distorsioni e squilibri anche accentuati. L’ampliamento e la globalizzazione dell’economia sono destinati ad aggravare le disparità. “Sollecitiamo – ha sottolineato D’Ambrosio – una politica regionale orizzontale verso cui convergano tutte le differenti politiche settoriali.” Per le zone che non saranno più ammesse a fruire delle misure dell’Obiettivo 1 in quanto supereranno la soglia del 75% del reddito pro capite medio dell’Unione europea, D’Ambrosio ha proposto alcune soluzioni. Se tali zone non soddisferanno più il criterio di eleggibilità grazie a un proprio sviluppo economico positivo, potranno rientrare direttamente nell’Obiettivo 2. Se, viceversa, risulteranno più ricche solo a causa dell’effetto statistico dell’ampliamento, dovranno beneficiare di un “phasing out” (atterraggio morbido) degli aiuti. Quanto alle “aree non arretrate” D’Ambrosio ritiene che la Commissione europea debba mettere a punto delle forme d’integrazione tra i diversi fondi ad esse destinati e le strategie di sviluppo strutturale e di valorizzazione delle risorse locali. Il Comitato, nell’ottica di una vera sussidiarietà, invoca una semplificazione delle procedure, specie per la concessione degli aiuti a finalità regionale, e una precisa differenziazione dei ruoli tra la Commissione e gli Stati membri. Il Comitato raccomanda alla Commissione di approfondire la dimensione regionale della politica di coesione che – ha detto D’Ambrosio – costituisce “uno degli assi portanti dell’integrazione tra i popoli e i territori dell’Unione”. Solo la dimensione regionale può favorire lo sviluppo di rapporti di cooperazione tra i centri urbani e le zone rurali, nonché l’attuazione della politica di pari opportunità tra uomini e donne – una condizione, questa, indispensabile per giungere a un’effettiva coesione economica e sociale. D’Ambrosio si è inoltre dichiarato favorevole al mantenimento dell’attuale criterio di eleggibilità per le regioni arretrate, ma ribadisce che lo 0,45% del PIL comunitario deve essere considerato come il livello minimo di finanziamento delle politiche di coesione. Il Comitato, infine, rinnova il proprio appoggio ai seguenti aspetti della strategia della Commissione: · priorità dell’intervento a favore delle regioni in ritardo di sviluppo; · rifiuto di una politica a due velocità; · superamento degli squilibri specifici dei territori quale finalità del nuovo obiettivo 2.