Roma. I Presidenti delle regioni italiane hanno discusso a Roma, in uno specifico incontro di approfondimento, i problemi connessi all’applicazione della Riforma del Titolo V della Costituzione che ha ridisegnato l’Ordinamento regionale.
Il 9 novembre entrerà in vigore la nuova normativa e la legge confermata al referendum del 7 ottobre introduce forti cambiamenti nei rapporti tra il centro, le regioni e le autonomie locali. Naturalmente le questioni sul tappeto sono molto complesse e per dipanarle occorre un confronto serrato, ma costruttivo, con il Governo e le altre Autonomie.
Un primo risultato è già stato raggiunto grazie ad un’intesa sottoscritta ad un tavolo comune tra Governo, Regioni ed Autonomie: i controlli già previsti dagli abrogati articoli 125 e 130 della Costituzione cessano a decorrere dall’entrata in vigore della legge Costituzionale n. 3/2001. A partire dal 9 novembre i Comuni, le Province e gli altri Enti locali, pertanto, cessano l’invio agli organi regionali di controllo degli atti amministrativi. E’ il primo significativo cambiamento prodotto dalla riforma, che apre ovviamente tante altre questioni che vanno affrontate e risolte.
“Ci sono, ad esempio – ha sottolineato il presidente della regione Marche, Vito D’Ambrosio nel suo intervento – tante leggi in gestazione in Parlamento che se non venissero bloccate entrerebbero palesemente in conflitto con la nuova Costituzione. Anche la potestà legislativa del Governo, quella delegata, sta venendo avanti come se nulla fosse accaduto ed il rischio reale é che a certi atti risulterebbe poi molto difficile rimediare. Le regioni non possono tollerare che emerga il malfunzionamento della nuova legge. Sarebbe una grave sconfitta politico-istituzionale che i cittadini addebiterebbero in primo luogo proprio alle regioni. Questo tema va affrontato direttamente con il Governo, che non ha ancora sentito il bisogno di incontrare le regioni, nonostante sia già trascorso molto tempo dal suo insediamento. La cabina di regia che si pensa di istituire per regolare il confronto tra Governo e Autonomie è un utile strumento, purché vi sia parità di proposta e di iniziativa e un dialogo che non si interrompa.”
L’esercizio della potestà legislativa è un’altra questione sul tappeto. Le regioni sono dell’avviso che i nuovi spazi aperti dalla legge vadano da subito utilizzati e riempiti nel reciproco rispetto delle attribuzioni. Serve una efficace verifica dei processi legislativi in corso per evitare che si aprano, di fronte alla Corte costituzionale, conflitti di ampia portata. Ci sono, ad esempio, materie come la Polizia locale che da legislazione concorrente tra Stato e Regioni è divenuta ora di esclusiva competenza regionale e questa previsione va garantita. Anche la “Legge Obiettivo” voluta per accelerare le opere pubbliche saltando le competenze delle regioni e delle autonomie, alla luce della riforma è chiaramente incostituzionale. Il Governo deve essere disponibile a confrontarsi per risolvere gli interrogativi sollevati dalle regioni, altrimenti crescerebbe il livello di conflitto.
E’ stato sottolineato come il ricorso eventuale del Governo sulle leggi regionali non sospenda più l’efficacia delle normative. L’esecutivo centrale perde, a partire dal 9 novembre, il potere di rinvio, anche per le leggi attualmente pendenti. Anche la potestà regolamentare passa pienamente alle regioni. Sempre di spettanza regionale, ad eccezione di alcune funzioni (Anagrafe, Stato civile e poche altre) è la potestà di disciplinare gli assetti delle Amministrazioni locali.
Il presidente D’Ambrosio ha infine sollecitato i colleghi a dedicare maggiore attenzione ai problemi connessi ad un reale federalismo fiscale, senza il quale l’applicazione della legge rischierebbe di essere svuotata e di perdere di efficacia.
|