A seguito della sospensione dei licenziamenti per l’emergenza sanitaria e al di fuori del ricorso alle varie forme di cassa integrazione ordinaria e Covid, l’impatto che le restrizioni delle attività economiche hanno avuto in termini di esuberi incide molto più che in passato sui lavoratori con contratti a termine scaduti e non rinnovati o sostituiti, oppure sulle cessazioni dei rapporti per una delle cause non vietate.
Sulla base di tale situazione, ai fini dell’individuazione delle situazioni di crisi occupazionale sono stati presi in considerazione non soltanto i licenziamenti per motivi economici e organizzativi, ma tutte le cessazioni di rapporti di lavoro subordinato (al netto dei somministrati e degli intermittenti) a prescindere dalla causa di cessazione.
Le informazioni sono tratte dalle Comunicazioni Obbligatorie presenti nel SISCO (Sistemi Informativi delle Comunicazioni Obbligatorie) e rese disponibili dal Ministero del Lavoro.
Il cruscotto delle crisi aziendali calcola pertanto il saldo complessivo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, determinato e di apprendistato, registrato nel periodo di interesse, sia a livello di impresa che di area territoriale. Il saldo permette di individuare la perdita netta di posti di lavoro in un determinato contesto e periodo temporale, rilevando anche i casi di cessazioni che, pur derivando da cause formalmente non economiche o addirittura dalla volontà del lavoratore (dimissioni), non danno luogo a nuove assunzioni all’interno dell’impresa o dell’area territoriale di riferimento, contribuendo di fatto a segnalare una situazione di crisi occupazionale. Non si esclude, inoltre, la possibilità di casi di licenziamenti economici mascherati da altre forme di cessazione attualmente non precluse ai datori di lavoro.
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