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06/12/2000

MUCCA PAZZA: TRASFORMARE L'EMERGENZA IN UN'OPPORTUNITA' PER LA ZOOTECNIA MARCHIGIANA

“Trasformare l’emergenza della mucca pazza in un’opportunità di sviluppo della zootecnia marchigiana”. Oggi la carne della razza Marchigiana viene venduta alla stalla. Come nel caso del Brunello di Montalcino (indubbiamente il migliore vino italiano), il prodotto si prenota prima che venga messo in vendita. Una novità, nel panorama dell’agricoltura nazionale, che le Marche devono cogliere, in quanto – in vantaggio su tutte le altre Regioni – hanno avviato da cinque anni il discorso della certificazione di qualità. Occorre invertire la tendenza, incrementando il numero dei capi selezionati. Attualmente, su un patrimonio zootecnico di 80 mila bovini (di cui 10 mila da latte), la Marchigiana segnala una consistenza di appena 15 mila animali, e la domanda di carne certificata risulta il doppio di quella offerta. Il punto sulla situazione della Bse (encefalopatia spongiforme bovina) nelle Marche e sulle prospettive di sviluppo del settore zootecnico da carne marchigiano, è stato al centro di una conferenza stampa, svoltasi in Regione. Sono intervenuti gli assessori regionali all’Agricoltura, Luciano Agostini, alla Sanità, Augusto Melappioni, all’Ambiente, Roberto Ottaviani, i consiglieri regionali Ferdinando Avenali (presidente della 3a Commissione consiliare) e Marco Moruzzi. L’assessore Melappioni ha confermato, sulla base dei primi risultati dei test disposti con il piano di sorveglianza varato il 2 settembre 2000 dal servizio Veterinario regionale, la “totale assenza della Bse nella nostra regione”. I controlli interessano anche la catena produttiva e distributiva della carne, e coinvolgono l’alimentazione animale, l’impiego dei medicinali e lo spostamento dei medesimi (identificazione e registrazione dei capi). “Quella delle Marche è una carne bovina di qualità, che offre le massime garanzie al consumatore - ha affermato l’assessore Agostini – Le produzioni sono tutelate da associazioni di produttori riconosciute dal ministero delle Risorse Agricole e controllano l’intera filiera: dalla produzione al mattatoio, fino alla macelleria”. Sono tre i consorzi autorizzati: la Bovinmarche (che tratta tutte le carni allevate nelle Marche, senza distinzione di razza), la Ccbi (Consorzio carni bovine italiane, l’ex 5R, che commercializza esclusivamente le razze da carne italiane) e l’organismo denominato “Vitellone bianco dell’Appennino centrale” (solo carne della Marchigiana). “Nella maggior parte – ha continuato Agostini – sono animali allevati in piccole stalle (in media 13 capi), che vengono alimentati quasi esclusivamente con prodotti naturali. Per questo risulta fuori luogo l’allarmismo dilagato nelle mense scolastiche marchigiane, che ha finito per penalizzare anche la carne certificata prodotta nella nostra regione”. L’assessore Ottaviani ha introdotto il problema dell’incenerimento delle carcasse bovine a rischio. Un provvedimento scattato perché l’Italia non è stata in grado di documentare, a livello di Ue, la sicurezza sanitaria degli allevamenti nazionali. Gli animali vanno inceneriti per vincere la termoresistenza del prione (agente responsabile della Bse, che resiste a temperature superiori a 100°). Due le possibilità: smaltimento fuori regione o in impianti marchigiani. L’unico adattabile potrebbe essere il Con.sma.ri. dopo che le verifiche tecniche ne assicurino, eventualmente, l’idoneità. Quello che è certo è che si tratta di una imposizione onerosa: smaltire una carcassa costa circa 1 milione e 400 mila lire. Moruzzi e Avenali si sono espressi contro questa disposizione. Secondo Moruzzi, “è un provvedimento totalmente inutile in un sistema, come quello marchigiano, in grado di controllare la qualità e l’assenza della malattia nei propri prodotti”. Per Avenali occorre “avere strumenti reali, severi, che riescano a diagnosticare le ragioni del decesso. Altrimenti buttiamo via solo i quattrini, convinti di fare un servizio”. Entrambi hanno chiesto alla Giunta regionale “di incidere sulla decisione, verificando, a livello, nazionale, la possibilità di una deroga, dal momento che le Marche sono in grado di certificare la propria carne”. Moruzzi e Avenali hanno, poi, illustrato la risoluzione del Consiglio regionale (votata il 29 novembre) che impegna la Giunta a “chiedere al governo di rendere immediatamente obbligatoria anche la certificazione del luogo di nascita degli animali, a sostenere i costi per il controllo (sanitario, N.d.R.) dei bovini”, a favorire la conversione degli allevamenti esistenti in forme meno intensive e più naturali, “a presentare entro 4 mesi un Piano di settore per la zootecnia, con lo scopo di potenziare la produzione delle carni”, partendo da prodotti locali, non addizionati chimicamente. La risoluzione impegna, altresì, la Giunta “a intervenire sui gestori delle mense pubbliche per introdurre l’obbligo del consumo delle carni regionali di qualità”.