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27/01/2000

LA GIUNTA APPROVA IL PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE. COORDINATI IL MONITORAGGIO E LA CLASSIFICAZIONE DELLE ACQUE SUPERFICIALI.

Dopo il Piano di Risanamento della qualità dell''aria anche quello di Tutela delle Acque è arrivato al traguardo. La giunta regionale ha infatti approvato, nel corso dell’ultima seduta, il corposo documento pianificatorio proposto dall’assessore all’Ambiente, Edoardo Mentrasti e lo ha trasmesso al Consiglio regionale per l’esame definitivo, entro l’imminente scadenza della legislatura. Il provvedimento approvato è il frutto di un impegnativo lavoro di redazione che deriva sia dalle Linee guida del ’98 sul risanamento delle acque, sia dalla notevole mole di analisi e studi raccolti negli anni da vari soggetti. In fase di stesura del Piano è intervenuto un nuovo decreto legislativo(il 152/99) che richiede un complessivo riordino della materia, recependo normative comunitarie e abrogando norme previgenti. Il Piano, che per l’adeguamento alle nuove normative ha cambiato denominazione, da Risanamento a “Piano di Tutela delle Acque”, ha dovuto accogliere le indicazioni del decreto ed i relativi aspetti innovativi: l’integrazione della tutela qualitativa e quantitativa, la definizione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione d’uso dei corpi idrici, un adeguato sistema di monitoraggio, le norme sugli scarichi, le aree vulnerabili. “Il Piano – ha spiegato l’assessore Edoardo Mentrasti - si caratterizza per una duplice valenza. E’ una ricognizione sistematica delle acque superficiali e delle misure attivate o da attuare per il risanamento dei tratti fluviali maggiormente compromessi e un documento programmatico a tutti gli effetti. Rappresenta, infatti, l’attuazione degli obiettivi di settore, fissati dal Piano Regionale di Sviluppo ed è strettamente correlato al Piano di Inquadramento Territoriale (PIT). Inoltre viene delineato e programmato, per priorità di interventi, il fabbisogno depurativo della regione. Va poi sottolineato l’importante ruolo degli studi propedeutici e il contributo degli ex Servizi Multizonali e quindi dell’ARPAM, nelle fasi di monitoraggio e controllo della qualità delle acque. Per la prima volta, dunque, attraverso parametri di indagine innovativi ( classificazioni di qualità che risultano dall’incrocio dei dati chimico-fisici e biologici) ,si dispone di un quadro d’insieme della situazione delle acque per l’intero territorio, anche se si tratta di una prima fase, limitata allo stato delle acque superficiali: acque dolci destinate all’uso potabile, acque che richiedono protezione o miglioramento per la vita dei pesci. La situazione dei nostri corsi d’acqua non è delle più edificanti: sono stati individuati i tratti dei maggiori corsi d’acqua classificati come fortemente inquinati per complessivi 300 chilometri circa, a fronte di 1000 chilometri di lunghezza complessiva dei maggiori fiumi marchigiani.” “L’obiettivo specifico del Piano di Tutela delle Acque- ha aggiunto Mentrasti- è il conseguimento della qualità ambientale e per specifica destinazione d’uso delle acque fluviali, recuperando o mantenendo la capacità di autodepurazione, attraverso la tutela integrata qualiquantitativa della risorsa idrica. Infatti, la riqualificazione delle principali direttrici fluviali viene considerata come opportunità per promuovere la messa a punto di strategie di rigenerazione e di sviluppo ecosostenibile rapportate al contesto delle strutture produttive e ambientali. “ Il Piano di Tutela si articola per materie di indagine: la fase conoscitiva delle risorse idriche dal punti di vista quantitativo, la capacità depurativa, la qualità ambientale e le aree particolarmente compromesse, l’attingimento idrico, l’attività agricola e la sua influenza sui corsi d’acqua, fino al programma di interventi di collettamento e depurazione. In particolare, sugli aspetti quantitativi, cioè della portata dei fiumi, che pure rappresentano una componente fondamentale della tutela delle risorse idriche, la questione è stata affrontata sulla base dei dati ad oggi disponibili, stabilendo il fabbisogno del relativo monitoraggio, che è condizione centrale per precisare tutte le politiche del ciclo idrico integrato. Alcuni dati interessanti: la capacità depurativa. Il Piano di Tutela prende in considerazione l’autodepurazione come principio fondamentale per la qualità delle acque. L’autodepurazione è la diretta conseguenza della buona associazione di specie vegetali fluviali che, se ben mantenute, hanno la capacità, appunto, di assorbire quantitativi anche molto elevati di azoto e fosforo ( alcune piante fino a 30% dell’apporto totale), diventando così anche efficaci indicatori di inquinamento. In molti fiumi della nostra regione questa capacità è compromessa a causa di molteplici fattori: climatici, corrispondenti ai periodi di secca o di ondate di piena; antropici: il continuo processo di urbanizzazione del territorio, la non corretta gestione dell’area fluviale, l’aumento dell’uso dei fertilizzanti. Dall’indagine emerge anche che la tanto ambita pulizia degli argini non sempre è un intervento ottimale, sia dal punto di vista della stabilità dell’argine stesso, che ,appunto, del potere depurativo della vegetazione, cosiddetta “riparia”, che può essere paragonata ad un vero e proprio filtro di depurazione: è sufficiente una striscia di 30 m di vegetazione per lato per ridurre notevolmente l’inquinamento diffuso di origine agricola; su questo si cercherà di intervenire con le imminenti misure agroambientali e di difesa del suolo. I tratti fluviali fortemente inquinati sulla base della media di monitoraggio triennale: la foce del Tavollo la foce del Foglia ( circa 4 km dalla linea di costa ) la foce del Metauro ( circa 6 Km dalla linea di costa) la foce del Cesano ( circa 3,6 Km dalla linea di costa) la bassa valle del Misa ( circa 57 km di tratti fluviali complessivi) il torrente Giano, la media e bassa valle dell’Esino ( ca. 70 Km di tratti fluviali complessivi) l’affluente Aspio e la bassa Valle del Musone ( 48 km di tratti fluviali complessivi) l’affluente Monocchia e la bassa valle del Potenza ( ca. 26 km di tratti fluviali complessivi) il Chienti dalla confluenza dell’Ete Morto ( ca. 27 Km di tatti fluviali complessivi) la bassa valle del Tenna ( ca. 27 km di tratti fluviali complessivi) la basse vale del Tesino ( ca. 10 km di tratti fluviali complessivi) la media e bassa valle del Tronto ( ca. 34 km di tratti fluviali complessivi) I principali fattori di inquinamento dei tratti fluviali marchigiani: da scarichi industriali come causa non prioritaria da fertilizzanti e pesticidi utilizzati in agricoltura di origine batteriologica (da scarichi urbani fognari): si mantiene su livelli piuttosto elevati per tutti i bacini. Il fabbisogno depurativo nella regione: attualmente nelle Marche esistono 234 impianti depurativi che servono 995.210 abitanti su 1.447.600 residenti, dato che corrisponde al 69% della popolazione. Ma a questo va aggiunto che il 25% degli impianti risultano inefficienti. I nuovi interventi di collettamento e depurazione comporteranno un aumento degli abitanti serviti di 234.040 unità che fanno salire il dato all’84,9% della popolazione . Ciò richiederà un investimento complessivo di oltre 230 miliardi, di cui circa120 per gli interventi prioritari nelle zone maggiormente compromesse. Gli interventi prioritari incidono per 65 miliardi nelle zone costiere e per 55 miliardi nelle altre zone. Sulla base delle ulteriori fasi di monitoraggio, tali indicazioni di massima dovranno trovare conferma e approfondimento nella stretta concertazione con gli enti locali. (ad’e)