Cultura

Percorsi tematici > La pittura veneta nelle Marche

Il territorio delle attuali Marche è stato caratterizzato fin dall’antichità dalla pratica del commercio e dalla navigazione, campi nei quali vanta un primato il porto di Ancona. Stretti contatti, sia commerciali che culturali, furono intrattenuti fin dal Medioevo con Venezia e con le terre poste sull’altra sponda dell’Adriatico, in gran parte politicamente soggette alla Serenissima. Tali contatti coinvolgevano anche i centri dell’entroterra, collegati agli sbocchi marittimi dal corso dei fiumi o da strade. La profonda unità culturale che si venne a creare fra Veneto, Dalmazia, Romagna e Marche nel ‘400 ha condotto gli storici dell’arte a coniare la definizione di “cultura adriatica” per designare tendenze stilistiche e figurative condivise da artisti che operavano in queste diverse aree, spesso spostandosi da un centro all’altro.

La pittura fornisce ampie testimonianze di queste secolari relazioni: numerosi sono i dipinti di artisti veneziani conservati in chiese e musei delle Marche. Il fenomeno si spiega con il grande sviluppo delle botteghe artistiche veneziane anche dal punto di vista organizzativo: i dipinti venivano infatti inviati via mare e potevano così raggiungere località anche molto lontane. Accanto al fenomeno dell’invio di opere da Venezia si registra però anche il trasferimento, più o meno prolungato, di artisti veneti nelle Marche. Alcuni pittori fecero addirittura delle Marche la loro seconda patria: è il caso dei fratelli Carlo e Vittore Crivelli, di Lorenzo Lotto e di Claudio Ridolfi.

Al 1358 risale il Polittico di San Severino, firmato da Paolo e Giovanni Veneziano (San Severino, Pinacoteca Civica), in origine sull’altare maggiore della chiesa di San Domenico. L’opera è oggi priva di alcune tavole, fra cui quella centrale con l’Incoronazione della Vergine (New York, Frick Collection). Mostra otto santi a figura intera e altri sei a mezzo busto: fra essi tre santi domenicani attestano la provenienza originaria. Le tavole sono unite da una cornice intagliata, dorata e dipinta. Le figure sottili ed eleganti, i colori brillanti, l’oro rendono splendente e prezioso il dipinto. 

La stesse caratteristiche formali ha la piccola tavola con la Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista, Andrea, Antonio abate e Cristoforo (Recanati, Museo Diocesano) firmata da Guglielmo Veneziano e datata 1382. Ai piedi della Vergine si trovano due minuscoli donatori inginocchiati: uno di essi, identificato dalla scritta, è Andrea di Coluccio, cittadino veneziano e probabilmente mercante, come indicano il simbolo di fondaco alla base del trono e San Cristoforo, patrono dei viaggiatori. Recanati ospitava all’epoca la maggiore fiera dell’Adriatico dove giungevano molti mercanti.

Le testimonianze si intensificano nel ‘400: nei primi anni del secolo è Jacobello del Fiore il pittore veneziano che lavora maggiormente per le Marche. A Fermo Jacobello aveva spedito due grandi polittici: uno con Storie di San Pietro e San Paolo è oggi conservato a Denver; dell’altro restano otto Storie di Santa Lucia (1420c.) nella Pinacoteca civica di Fermo. Le storie sono vivaci, piene di personaggi dagli abiti eleganti o esotici e di particolari descritti minutamente.

Nella seconda metà del ‘400 i dipinti veneti nelle Marche riflettono le varie tendenze nel campo della pala d’altare: la bottega dei Vivarini, composta da Antonio, Bartolomeo e dal figlio di questi Alvise, manda polittici a Pesaro (oggi alla Pinacoteca Vaticana), Osimo, Corridonia (Pinacoteca parrocchiale) e Montefiorentino (oggi Urbino, Galleria Nazionale delle Marche). Il Polittico di Osimo (1464), proveniente dalla chiesa dei francescani osservanti dell’Annunziata, mostra l’Incoronazione della Vergine fra santi e conserva ancora la sua cornice originale gotica, finemente intagliata. Ogni santo occupa il proprio spazio come una statua nella nicchia.

Una soluzione diversa viene applicata invece in due pale d’altare dipinte per due chiese di Pesaro da Marco Zoppo e Giovanni Bellini intorno al 1470-72: lo spazio viene unificato in un’unica scena dove i santi sono riuniti intorno al trono della Vergine. Le cornici non sono gotiche, con colonne, cuspidi e trafori, ma prendono forme classiche; i troni si trasformano in strutture architettoniche complesse. Della pala di Marco Zoppo, oggi a Berlino, restano a Pesaro un tondo con la Testa del Battista e una Deposizione di Cristo, entrambe caratterizzate dall’accentuata espressione del dolore e dalle ferite. La Pala di Pesaro di Giovanni Bellini, proveniente dall’altare maggiore della chiesa di San Francesco, mostra i santi in un portico aperto sul paesaggio: dallo schienale del trono marmoreo in cui siedono Gesù e la Vergine si vede una città fortificata, identificabile, per alcuni, con Gradara. La pala è costruita con una rigorosa prospettiva, mentre il colore è caldo e luminoso.

Nonostante queste innovazioni, il polittico continuerà ad essere preferito a lungo nella regione, anche grazie all’opera di Carlo Crivelli e del fratello Vittore. I due maestri dalla natia Venezia, dopo un passaggio in Dalmazia, si stabiliscono nelle Marche: Carlo ad Ascoli e Vittore a Fermo. La loro presenza genera una vera e propria scuola di artisti definiti “crivelleschi” che ne imitano le opere. A essere riprese sono le figure spigolose ed eleganti di Carlo, i festoni di fiori e di frutta, dotati spesso di un significato simbolico, l’uso dell’oro, la sottolineatura delle espressioni: ma nessuno raggiunge il livello di qualità delle sue opere. Un percorso fra i dipinti di Carlo Crivelli rimasti nelle Marche parte dal polittico di Massa Fermana (1468); il polittico della cattedrale di Ascoli Piceno, l’unico ancora intatto e con la sua cornice, le tavole del polittico di Montefiore dell’Aso (Montefiore, Pinacoteca civica) con la conturbante e sensuale Maddalena. Nel polittico di Monte San Martino, invece, Carlo collabora con un altro artista, forse lo stesso Vittore. Vittore si mette sulle orme del fratello e lavora intensamente soprattutto nella zona del fermano, da Falerone a S. Elpidio, da Fermo a Massignano, spingendosi fino a San Severino. A Vittore sembra essere succeduto a Fermo un altro artista veneziano, Antonio Solario: di lui restano una Madonna col Bambino e santi a Fermo (chiesa del Carmine, 1502 c.) e una grandiosa pala d’altare in San Giuseppe da Copertino ad Osimo (1503-06), che mostra la Madonna col bambino e santi dentro un’architettura rinascimentale aperta sul paesaggio, in cui si riconoscono il monte Vettore e la stessa Osimo. Solario abbandona presto le Marche, attratto verso altre mete (lavorerà a Napoli e in Inghilterra). 

Nel 1506 Lorenzo Lotto è incaricato di eseguire un polittico per la chiesa di San Domenico a Recanati, terminato nel 1508 (Recanati, Pinacoteca civica): malgrado la tipologia ormai superata del polittico, Lotto realizza una costruzione unitaria grazie all’architettura che prosegue da un pannello all’altro, mentre la scena principale si trasforma in azione: San Domenico riceve lo scapolare (parte dell’abito religioso e simbolo della Passione) da Maria, con grande spavento di due angioletti musici ai piedi del trono. A più riprese l’artista tornerà nella regione o lavorerà per i committenti marchigiani, da Recanati a Jesi, da Ancona a Fermo, fino a centri minori come Cingoli, Monte San Giusto, Mogliano, Castelplanio, Montolmo: proprio nelle Marche, nel 1554, egli concluderà la sua vita, da oblato della Santa Casa di Loreto, alla quale restarono alcuni dei suoi ultimi dipinti e un prezioso libro di annotazioni (il Libro di spese diverse). Fra le opere dell’artista alcune hanno la capacità di colpire per l’immediatezza e la naturalezza delle azioni: la Vergine atterrita dell’Annunciazione di Recanati, la storia di Santa Lucia narrata come in un fumetto nella Pala di Santa Lucia (Jesi, Pinacoteca civica), la Vergine svenuta nella pala di Monte San Giusto. Anche Lotto, come già i Crivelli, avrà una lunga serie di seguaci e allievi nelle Marche (come i fratelli De Magistris e Durante Nobili da Caldarola). 

Un altro dei grandi maestri veneziani del ‘500 ha rapporti con le Marche: Tiziano, seguendo i canali consueti dell’invio di dipinti per mare e della committenza mercantile, dipinge nel 1520 per San Francesco ad Alto ad Ancona e per il mercante Alvise Gozzi una pala (Ancona, Pinacoteca civica), la sua prima opera firmata e datata: la Vergine dalle nubi guarda il donatore inginocchiato e presentato a lei dal patrono Biagio, mentre Gesù lo benedice. Sullo sfondo, entro un cielo al tramonto, si riconosce il profilo di Venezia. A  quasi 40 anni di distanza, nel 1558, risale invece la drammatica Crocifissione con San Domenico per i domenicani di Ancona.   Nasce invece dal rapporto con i duchi di Urbino la serie di capolavori dell’artista veneto, dalla Venere di Urbino ai Ritratti di Francesco Maria Della Rovere ed Eleonora Gonzaga passati agli Uffizi per vicende ereditarie, mentre resta a Urbino lo stendardo con La Resurrezione e l’Ultima cena (Galleria Nazionale delle Marche, 1542 c.) per la confraternita del Corpus Domini, da sempre protetta dai duchi. 

A Urbino è in prevalenza legata l’attività marchigiana del veronese Claudio Ridolfi: fin dal 1602 Ridolfi è documentato nella città feltresca. All’attività per la corte, di cui restano le tele a monocromo per le nozze di Federico Ubaldo Della Rovere e Claudia de Medici (1621, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche) e ai ritratti, Ridolfi alterna la produzione sacra per località dell’area settentrionale della regione tra cui Mercatello (1612, Mercatello, Museo di San Francesco). Egli stesso si stabilisce a Corinaldo, dove muore nel 1644: costruzioni scenografiche derivate da Paolo Veronese e grandi capacità di colorista ne caratterizzano i dipinti, fra i quali si segnalano il Matrimonio mistico di Santa Caterina (Pergola, Santa Maria di Piazza) e la Maddalena ai piedi della croce (Corinaldo, Chiesa di Santa Maria del Piano).  

La chiesa di Santa Lucia a Serra San Quirico contiene un ciclo con Storie della santa titolare del pittore vicentino Pasqualino Rossi, attivo anche per la vicina Fabriano negli anni ’70 del ‘600. Le scene della vita di Lucia sono rese con semplicità, senza eccessi retorici, con attenzione agli aspetti realistici – per esempio nei poveri della scena dell’elemosina di Lucia.

Il percorso nella pittura veneta nelle Marche conta altri pezzi sparsi di grande qualità, frutto del mecenatismo occasionale di qualche committente: così giungono a Camerino (Incoronazione della Vergine, chiesa di San Venanzio) e Ripatransone (San Carlo Borromeo, Duomo) due tele di Alessandro Turchi, pittore veronese trasferitosi a Roma. E così arriva nella chiesa di san Filippo a Camerino una pala di Giambattista Tiepolo, l’Apparizione della Madonna a San Filippo Neri: a commissionarla fu il nobile Antonio Foschi nel 1740 per un altare laterale della chiesa degli Oratoriani. La tela descrive la miracolosa apparizione della Vergine all’anziano santo durante la messa: protagonista della pala è la luce, che accende i colori e rende gli  oggetti e le stoffe tangibili, restituendo il senso di un grande spettacolo sacro che si rinnova per chi guarda.

BIBLIOGRAFIA 
- V. Curzi, a cura di, Pittura veneta nelle Marche, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2000.
- P. L. De Vecchi, a cura di, Itinerari crivelleschi nelle Marche, Maroni editore, Ripatransone, 1997.
Legenda

Sede museale
Pinacoteca Civica "F. Podesti” e Galleria d'Arte Moderna - ANCONA
 
Musei Civici di Palazzo Pianetti - JESI
 
Museo Pontificio Santa Casa - LORETO
 
Pinacoteca Civica - ASCOLI PICENO
 
Polo Museale di San Francesco - MONTEFIORE DELL'ASO
 
Museo Civico di Villa Colloredo Mels - RECANATI
 
Museo di San Francesco - MERCATELLO SUL METAURO
 
I Musei Civici di Palazzo Mosca - PESARO
 
Palazzo dei Priori - FERMO
 
Pinacoteca Parrocchiale - CORRIDONIA
 
Galleria Nazionale delle Marche - URBINO


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