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Percorsi tematici > Gli stendardi processionali

Nel 1577 Carlo Borromeo, grande riformatore della chiesa lombarda, definiva precisamente funzione e misure degli stendardi processionali: “Il vessillo parrocchiale sarà di forma quasi quadrata, sarà di stoffa intessuta d’oro o d’argento o di seta, e di solida manifattura. Di questa forma ci è stato tramandato da antiche testimonianze fosse l’insigne vessillo di Costantino imperatore, ricamato con una croce preziosa, la cui immagine comparve in cielo. Pertanto esso, ove le possibilità della circoscrizione parrocchiale lo consentano, sarà di materiale il più pregiato possibile. L’immagine del Santo o della Santa cui è intitolata la parrocchiale, sarà dipinta, ricamata o intessuta. Il colore del vessillo sarà quello richiesto dalle qualità del Santo o della Santa, in conformità al rito della chiesa. Sarà tutt’intorno cinto da frange del medesimo colore, commiste a fili d’oro e d’argento. Sarà appeso a un’asta di legno ben solido, recante sulla sommità una piccola croce quadrata . L’asta sarà più lunga del vessillo di circa due cubitii, e del medesimo colore del vessillo stesso”.

Gli stendardi processionali, o gonfaloni, esistevano comunque già prima di questa codificazione controriformata. Espressione tipica di quella particolare religiosità che caratterizza il cosiddetto autunno del Medioevo, gli stendardi, dipinti in genere su tela o più raramente su tavola, venivano di sovente eseguiti su commissione di Confraternite, cioè associazioni di laici che accudivano i malati terminali e garantivano una degna sepoltura ai derelitti o ai giustiziati. Tra Medioevo e Rinascimento infatti avere una “buona morte”, degne esequie e rispettosa sepoltura, erano condizioni necessarie per il corretto passaggio dell’anima del morto nell’aldilà e per il suo perpetuo riposo. Le Confraternite laiche garantivano tutto ciò a chi, per varie ragioni, moriva indegnamente. I gonfaloni erano dunque prima di tutto insegne che accompagnavano la Confraternita e la contraddistinguevano durante le cerimonie religiose pubbliche. I confratelli definivano quindi la scelta dei colori di fondo (significativa e mai casuale), le immagini da riprodurre (di solito su un lato in rapporto con la Confraternita e sull’altro con la chiesa dove ha sede la Confraternita), lo stile e la ricchezza dei ricami. 

Nelle Marche manufatti di questo tipo sono diffusissimi, come ad esempio: lo stendardo di Nobile da Lucca, proveniente dalla Parrocchiale di Pievefavera (Caldarola) e conservato al Museo diocesano di Camerino, quello eseguito da Girolamo di Giovanni, proveniente dalla chiesa di San Martino di Tedico (Fiastra), anch’esso attualmente a Camerino, presso il Museo Civico, o la Madonna della Misericordia del Maestro di Esa

Nei numerosi stendardi che raffigurano la “Madonna della Misericordia”, i confratelli stessi chiedono di essere raffigurati sotto la protezione del mantello della Vergine. In alcuni casi essi sono accompagnati dal popolo della città, rigorosamente diviso tra uomini e donne, esattamente come avveniva nella prassi religiosa dell’epoca, che prevedeva (anche in chiesa) una netta separazione tra i sessi. Gli stendardi con la “Madonna della Misericordia” venivano prodotti soprattutto in tempi di peste, perché sul manto della Vergine (il miracoloso omophorion che salvò Bisanzio dall’invasione degli àvari) diventavano inefficaci, spezzandosi, le frecce della peste che l’Eterno (o Cristo) adirato scagliava dal cielo.  

L’iconografia degli stendardi è semplice ed immediata, per essere facilmente memorizzata dal fedele. Si tratta di immagini non narrative, in cui figure di santi chiedono solo di essere venerate. Questi ultimi sono in genere rappresentati in piedi o in trono nella veste di protettori della confraternita o della città. Per mettere sotto la protezione dei santi l’intero spazio cittadino, negli stendardi è spesso citata l’immagine della città, nella forma di modellino tenuto in mano dal santo patrono o come insediamento urbano che compare nel paesaggio dello sfondo.

BIBLIOGRAFIA

-  L. Moranti, La Confraternita del Corpus Domini di Urbino, Il lavoro editoriale, Ancona, 1990.

- V.M. Schmidt, Gli stendardi processionali su tavola nelle Marche del Quattrocento, in A. De Marchi, Falaschi (a cura di),  “I da Varano e le arti”,  atti del convegno internazionale, Camerino, Palazzo ducale, 4-6 ottobre 2001, Maroni Ripatransone, 2003.

Legenda

Sede museale
Museo e Pinacoteca Diocesana "G. Boccanera" - CAMERINO
 
Polo museale di San Domenico - Museo civico e archeologico – Pinacoteca civica “Girolamo di Giovanni” - CAMERINO


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