Cultura

Itinerari culturali > Andrea Vici architetto e ingegnere idraulico

Andrea Vici nacque a Roccacontrada, oggi Arcevia, in località Palazzo nel 1743. Figlio di Arcangelo, stimato architetto, e di Angela Fattorini, a 14 anni fu mandato a Perugia per continuare gli studi e frequentare il corso del pittore Appiani. A 17 anni si recò a Roma presso la scuola di Stefano Pozzi; ma presto abbandonò la pittura per l'architettura, apprendendo il disegno presso Carlo Murena, che dirigeva lo studio di Luigi Vanvitelli, all'epoca già a Napoli.

Tornato nel 1765 a Palazzo in seguito alla morte del padre, operò nei dintorni sino a che, nel 1779, fu richiamato a Napoli da Luigi Vanvitelli, perché collaborasse ai disegni della Reggia di Caserta. Morto Vanvitelli, ricusò l'offerta del figlio di questi, perché molto impegnato nelle Marche ed in altri prestigiosi incarichi, tra cui l'ideazione e realizzazione del canale Pio della celebre Cascata delle Marmore, per liberare la Valnerina dalle periodiche inondazioni.

In seguito al successo di tale impresa, fu nominato Primo Ingegnere della Congregazione delle Acque, cui si aggiunsero poi quello di Architetto della Rev.ma Fabbrica di San Pietro e molte altre onorificenze. Rinunciò peraltro alla carica di Segretario dell'Accademia di Belle Arti di Milano ed alla Cattedra di Architettura a Mantova.

Nel 1785 venne eletto membro dell'Accademia di S. Luca, e, dopo esserne stato Segretario, ne fu anche Principe ed in seguito Presidente, dopo il Marchese Antonio Canova, di cui era intimo amico.

Nel 1817, per male cardiaco, morì in Roma a 74 anni e fu sepolto a S. Maria in Vallicella. Dalla moglie Teresa Storace ebbe molti figli, ma la casata avrebbe avuto termine con lui, se la figlia Barbara Vici, sposata in prime nozze a Giulio Cesare Busiri, ed in seconde all'Architetto Clemente Folchi, non avesse imposto anche il proprio cognome ai figli, dando vita così alle famiglie dei Busiri Vici e Folchi Vici.

Influenze artistiche

A Roma Vici fu influenzato dalle tematiche di Ledoux e Boullèe, da Kaufmann definiti gli “architetti della rivoluzione”, che si riallacciavano all'Illuminismo, dove la razionalità e l'intelligenza erano i cardini dell'ispirazione. Parimenti ci fu una rivalutazione dell'arte classica, considerata la migliore e più equilibrata di tutte. 

L'opera di Andrea Vici, già lontana dal barocchismo di Arcangelo, suo padre, e dal pre-neoclassicismo di Luigi Vanvitelli, suo maestro, si evolve verso un Neoclassicismo compiuto, dalle forme limpide ed essenziali, utili e rispondenti ad una precisa funzione che vede l'architettura come figlia della necessità. 

Come afferma Jörg Garms “Andrea Vici sceglie come guida alcune unità formali a partire dalle quali trova con il suo stile scarno ed elegante una strada coerente tra fedeltà alla tradizione e rinnovamento...”.  Una sintesi di principi che costituirà la base dei progetti didattici dell’intero Ottocento.


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